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Avvenire – La sindrome da schermo piatto? Si cura

“Ieri sera, due ore filate ipnotizzata a guardare Marco Paolini ne “Il Sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern. Bellissimo. Mi è rimasto in mente anche nei sogni, tutta la notte”. (http://casadivetro.splinder.com ,31 ottobre). Leggendo commenti come questo, finalmente si capisce: quello dell'altra sera era un esperimento collettivo. Un test scientifico, condotto in diretta su un campione di soggetti consenzienti cui non sembrava vero di poter essere usati come cavie: “Valeva la pena - annota ancora la blogger appena citata - aspettare dieci anni, o, come giustamente hanno precisato a Otto e mezzo, 3650 giorni”. Degli esperünenti, in' effetti, la trasmissione di La7 aveva tutte le caratteristiche. In primis, un'ipotesi da verificare (possibilmente smentendola): quella per cui, causa eccessiva esposizione a pubblicità inframezzata da programmi indistinguibili, il pubblico televisivo sarebbe ormai geneticamente modificato, insensibile agli stimoli, intellettualmente intorpidito, endemicamente disattento. Ragione buona, secondo alcuni, per continuare a tenerlo in uno stato di coma spazzaturaindotto: se in un barlume di lucidità lo spettatore prendesse coscienza del proprio stato, si potrebbe spaventare. Audaci, dunque, queste prove tecniche di rianimazione culturale messe in atto dai promotori dell'esperimento. E audace il proposito di valutare la gravità della sindrome da schermo piatto introducendo uno stimolo che, invece, era tridimensionale. Perché tre, in definitiva, erano le variabili da misurare: lunghezza (è ancora possibile proporre uno spettacolo che richiede di rimanere attenti e concentrati per più di due ore?), estensione (si può azzerare quella della pubblicità, impedendole di allargarsi oltre una sigla di apertura e al di qua di una sigla di chiusura?) e profondità (si può dire "cultura" in prima serata senza che lo spettatore spari raffiche di telecomando?). Alla fine, l'esperimento sembra riuscito: una media di un milione e duecentomila soggetti, dice l'Auditel, si sono sottoposti alla prova. Pare addirittura che tanti ne abbiano tratto beneficio: “Capita assai di rado -scrive un altro blogger - che le televisioni offrano programmi di qualità. Programmi che riescano a creare grandi emozioni e diano spunto a riflessioni. Complimenti quindi all'emittente La7, che con coraggio, fregandosene dei dati Auditel, manda in onda spettacoli come questo”(http://appuntinovalis.blogspot. com). E ancora: “Forse c'è ancora speranza. Complimenti alla coraggiosa scelta di La7, speriamo continui” (http://cliol.wordpress.com). Speriamolo sì, e attendiamo fiduciosi: possibilmente, anche meno di dieci anni.

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