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Allo Strehler: Darwin e i cambiamenti climatici, Paolini racconta il nostro futuro

di Simona Spaventa

Una pièce sull'evoluzione: come adattarsi per sopravvivere a un pianeta in rovina?

Dove e quando: Allo Strehler da stasera al 16 febbraio.
Foto: Masiar Pasquali

Fino a qualche decennio fa, dicevi evoluzione e pensavi alla teoria di Darwin sull'origine dell'uomo senza porti tanti dubbi, come a una verità appresa a scuola da mandare a memoria. Poi sono venute le correnti cristiane ortodosse con la loro difesa a spada tratta del creazionismo, tanto che da un sondaggio curato attorno al 2000 dall'autorevole istituto Gallup risultava che negli Stati Uniti il 45 percento delle persone crede che l'uomo sia stato creato da Dio così com'è, mentre un ulteriore 40 percento che in milioni di anni si sia evoluto, ma sotto la guida del Creatore. Per Marco Paolini, nel mondo contemporaneo l'evoluzione è a un ulteriore punto critico: adattarsi sarà il mezzo necessario e doloroso per poter sopravvivere su un pianeta prossimo alla rovina. Un tema scottante, che l'autore e attore veneto mette al centro del nuovo spettacolo, Darwin, Nevada, coprodotto con il Piccolo e al debutto in prima nazionale stasera allo Strehler. Non un monologo come ci ha abituati, lui che dal 1993 Vajont si è affermato come massimo esponente del nostro teatro di narrazione, ma una pièce in cui lo affiancano altri quattro attori, concepita insieme allo scozzese Matthew Lenton, tra i giovani registi più in vista del Regno Unito, che, all'opposto, ha una poetica legata alle immagini. Due poetiche lontane che si intersecano e confrontano nello spettacolo, in un esperimento rischioso cui Claudio Longhi, direttore artistico del Piccolo, ha fatto da stimolo: «Con Longhi eravamo d'accordo su un principio — racconta Paolini — ossia che il processo vale più del prodotto. La scienza funziona così, per ricerca pura. Ma nel nostro mestiere di teatranti è impossibile, dobbiamo tradurre la ricerca in un prodotto e a poche ore dalla prima, non so se abbiamo vinto». Stasera si potrà capire se è riuscito il mix tra le due linee dello spettacolo, quella narrativa affidata a Paolini che analizzerà vita e pensiero di Darwin, e l'azione drammaturgica con quattro personaggi, «una fantasia ambientata a Darwin, una cittadina mineraria che esiste davvero, è in California al confine con il Nevada. Caliamo Darwin nell'America di oggi, nella pelle di un personaggio inventato, e lo ammazziamo».
Reali i due episodi di cronaca che ispirano la trama: il furto dei taccuini di Darwin, rubati 25 anni fa all'università di Cambridge e restituiti vent'anni dopo, e le forti piogge che, nel 2023, colpirono il deserto del Nevada mentre si teneva il Burning Man Festival, raduno di controcultura dallo spirito ecologista. Un'alluvione nel deserto, materializzazione dei cambiamenti climatici che segneranno in maniera ancora più catastrofica il futuro: «Nel manifesto dello spettacolo ci sono le farfalle monarca, che tra gli insetti fanno le migrazioni più lunghe, dal Canada fino al Messico, e sulla loro rotta c'è Darwin». Un simbolo: «In questi tempi le cose stanno cambiando rapidamente, e non sappiamo governare il cambiamento. L'unica soluzione è adattarci. E Darwin ci ha mostrato che l'adattamento sarà feroce».

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