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Alto Adige (Bolzano; Trento); Corriere delle Alpi (Trentino) – Paolini e Brunello, che Notte!

Alla "cattedrale" in quattromila per uno Schönberg speciale

SUONI DELLE DOLOMITI

VAL DI SELLA. Crepuscolo in Val di Sella, le ombre si addensano nei boschi mentre nelle navate della cattedrale senza vòlta migliaia di persone (almeno quattromila) si stringono per assistere all'esecuzione della "Notte trasfigurata" di Schönberg. C'è la voce di un attore, Marco Paolini, che quasi sussurrando invita il pubblico a disporsi all'ascolto, "come se foste in un bosco, dove andate per stare in silenzio, come se foste soli".

Poi la voce inizia a narrare, seguita, intrecciata al sestetto d'archi guidato da Mario Brunello, mentre il resto orchestra resta muto, chino sugli spartiti illuminati da discrete lampade da lettura. Le note si stagliano contro il frinire dei grilli, i profili delle cose svaniscono e la storia narrata prende corpo e vita. Storia di spiagge dell'Adriatico, sul margine d'Europa, di sbarchi di clandestini nella gelida notte d'inverno della fine del secolo XX. Storia di un incontro impossibile tra un militare italiano di pattuglia e una giovane donna albanese che ripone tutti i suoi fragili sogni nella ricerca del "fidanzato" italiano che in patria l'ha sedotta e abbandonata.

Sensazioni e turbamenti, vicende umane e sociali. Solo una cosa è certa: "bisogna essere pazzi o avere buone ragioni per girare in una notte come questa". Così Paolini. Non c'è nessun apologo per questa vicenda, che resta come un'immagine incastonata eternamente sul fondo nero del cielo. Senza soluzione di continuità si inserisce l'orchestra. Accordatura d'archi, con Brunello che passa alla direzione: fa da ponte tra le due parti la lettura dei legnosi versi di Richard Dehmel cui Schönberg si era ispirato nella composizione del brano (versi che per inciso oggi ci appaiono assai meno evocativi di quanto dovevano apparire a un contemporaneo di Schönberg). Ed ecco la Notte trasfigurata in tutta la sua geniale tessitura e complessità, una tonalità allargata fatta ora di accordi tesi e possenti ora di fraseggi di violino più sottili: davvero un rapimento che ci ridesta in uno scroscio d'applausi.

Breve e coinciso il bis ("non ci si deve dilungare, ed è bene così" commenta Paolini) con un piccolo classico del duo, i versi di "Figli dell'epoca" del nobel Wislawa Szymborska su calde note di violoncello di Giovanni Sollima. Più che come la trasfigurazione di una fredda notte d'inverno, ci si lascia alla fine del concerto - proposto dai Suoni delle Dolomiti dell'Apt trentino in collaborazione con Arte Sella - come al termine di un sogno in una notte di mezza estate, in una profana processione che scende a valle arricchita di emozioni non comuni.

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