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Carlo Urbani

Carlo Urbani nasce a Castelplanio, in provincia di Ancona, il 19 Ottobre 1956.

Già da giovane si dedica ai più bisognosi ed è una presenza costante nell'ambito parrocchiale. Collabora alla raccolta di medicinali per Mani Tese, promuove un Gruppo di Solidarietà che organizza vacanze per i disabili, entra a fare parte del Consiglio Pastorale Parrocchiale, suona l'organo e anima i canti. Il suo grande amore per il prossimo e per la vita si esprime anche attraverso un innato interesse per la bellezza, per la musica e per l'arte.

Il desiderio di prendersi cura delle persone lo porta a scegliere gli studi di Medicina con la specializzazione in malattie infettive. Dopo la laurea lavora, in un primo tempo, come medico di base, poi diviene aiuto nel reparto di malattie infettive dell'Ospedale di Macerata dove rimane dieci anni.

Nel frattempo si sposa con Giuliana Chiorrini. Insieme avranno tre figli: Tommaso, Luca e Maddalena. Sono gli anni in cui Carlo comincia a sentire più forte il richiamo ad assistere i malati dimenticati, trascurati dai paesi opulenti e dagli interessi delle case farmaceutiche.  Con altri medici organizza, già dal 1988-89, dei viaggi in Africa per portare aiuto ai villaggi meno raggiungibili. La sua comunità parrocchiale lo sostiene con un ponte di aiuti organizzati verso la Mauritania.

La conoscenza diretta della realtà africana gli rivela con chiarezza che le cause di morte delle popolazioni del Terzo Mondo sono, troppo spesso, malattie curabili - diarrea, crisi respiratorie - per le quali mancano i farmaci che nessuno ha interesse a fare giungere a un mercato così povero. Questa consapevolezza si trasforma in azione così decide di lasciare l'ospedale quando ha ormai la possibilità di diventare primario.

Nel 1996 entra a fare parte dell'organizzazione Médecins Sans Frontières e parte insieme alla sua famiglia per la Cambogia, dove si impegna in un progetto per il controllo della schistosomiasi, una malattia parassitaria intestinale. Anche qui rileva le stesse ragioni socio- economiche alla base della diffusione delle malattie e della mancanza di cure: si muore di Aids, ma anche semplicemente di diarrea, e i farmaci per curare le infezioni o le complicanze, per noi banali, sono introvabili.

Nella sua veste di consulente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per le malattie parassitarie ha l'opportunità di sostenere pubblicamente che la causa primaria del diffondersi delle malattie è la povertà di alcune aree. Come Medico Senza Frontiere l'interesse primario di Carlo è diretto alla cura dei malati tuttavia non può tacere sulle stesse cause che provocano quelle sofferenze a intere comunità. Ci sono Paesi, donne, uomini e bambini, colpevolmente esclusi dall’accesso ai medicinali e alla salute in seguito a inaccettabili dinamiche economiche. Una situazione drammatica di diritti negati che indigna il medico e l’uomo e alla quale, Urbani, non esita a dar voce nelle occasioni pubbliche e nelle interviste.

Nell'aprile del 1999 viene eletto presidente di Msf Italia. In questa veste partecipa alla delegazione che ritira il premio Nobel per la pace assegnato all'organizzazione. È questa una delle occasioni più importanti per ringraziare i sostenitori di Msf per ringraziare gli operatori e i medici che operano come volontari in favore “del valore della vita” – come espresso da Urbani nel suo intervento ufficiale – che chiude così quello stesso discorso:

“Ed ora, approfittando di questa inconsueta popolarità, lasciamo che i riflettori, illuminandoci, illuminino e rendano visibili anche gli scenari dimenticati… affinché l'azione di domani (il Nobel non è il nostro traguardo finale!) sia ancora più efficace ed incisiva e che i benefici del premio vadano a loro, alle vittime”.

Urbani, dopo la Cambogia, si sposta nel Laos, e quindi in Vietnam. Qui, Nelle ultime settimane di vita si dedica con coraggio alla cura della terribile malattia respiratoria che minaccia il mondo intero. Sarà denominata Sars e gli costerà la vita di lì a poco.

Il suo gesto, quello di assumersi la responsabilità diretta come medico, è una scelta naturale, un’azione coerente con il suo pensiero. Urbani si trovava lì nel ruolo di osservatore per l’Oms ma, appena interpellato, fa quello che ritiene giusto mettendo la sua competenza medica al servizio di chi ha bisogno. Incontra così il signor Chen, incontra la disperazione degli infermieri nei reparti di malattia infettiva, lavora senza sosta a un protocollo che protegga da nuovi contagi, è continuamente impegnato in una difficile opera di convincimento delle autorità locali affinché adottino procedure eccezionali di sicurezza e blocchino le frontiere.

Ci riesce.

È consapevole dei rischi che corre e parlandone con la moglie Giuliana, osserva: "Non dobbiamo essere egoisti, io devo pensare agli altri". All'inizio di marzo si reca a Bangkok per un convegno, nulla lascia intuire che abbia contratto il contagio ma durante il volo avverte i primi sintomi e, al suo sbarco, avvisa del pericolo e della necessità di isolarlo prendendo tutte le precauzioni del caso. Dopo l'arrivo le condizioni peggiorano con rapidità e Carlo, tra i primi a occuparsi della malattia, capisce benissimo la propria situazione. Ricoverato in ospedale a Hanoi informa la moglie Giuliana chiedendole di tornare in Italia con i figli. Loro vengono fatti subito partire, Giuliana resta.

È nella stanza di ospedale insieme a Carlo ora.

Seppur protetta da strane tute e filtri, nessun abbraccio diretto o carezza d’addio è più possibile. Tutta una vita nello sguardo di un uomo, sofferente ma intenso, il respiro affannato… una mano sul cuore.

Carlo Urbani muore il 29 marzo 2003.

Associazione Carlo Urbani

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