Grande successo al Sociale per «Parlamento chimico».
L’attore incanta e appassiona con una «lezione» di tre ore.
Ci sono due linee che s'intersecano nel teatro di Marco Paolini. Una è quella della memoria, che - fin dai suoi primi spettacoli della serie degli Album - lo ha portato a riandare all' Italia dei padri, all'Italia dei sacrifici, dei contadini trasformati in operai, delle vacanze in colonia, dei treni... L'altra è quella dell'impegno civile, che lo ha spinto ad esplorare le vicende oscure e scellerate del nostro paese, dal Vajont a Ustica, lavorando con l'impegno dello storico per fare del teatro un luogo di riflessione e di presa di coscienza. Due linee che non vengono usate alternativamente, ma che stanno insieme e rendono i suoi spettacoli qualcosa di vivo e appassionante, qualcosa di adatto ad un pubblico che, come lui stesso dice, è fatto non di spettatori, ma di «cittadini».
Lo si è visto bene anche l'altra sera al Sociale, dove Paolini ha presentato "Parlamento chimico. Storie di plastica", lo spettacolo dedicato ai veleni del Petrolchimico di Porto Marghera. "Parlamento chimico", che Paolini ha scritto con la collaborazione di Francesco Niccolini, potrebbe essere definito un work in progress in quanto è "cresciuto", nel corso degli ultimi anni, insieme alle vicende del processo che è stato celebrato a Venezia contro dirigenti e amministratori del Petrolchimico di Marghera, accusati di disastro continuato e di strage. Un processo che da poco è terminato, in primo grado, con l'assoluzione di tutti gli imputati, ma che non ha saputo dare risposta alle questioni che l'inchiesta aveva fatto emergere. La storia di Marghera è una storia di operai morti di cancro, di inquinamento ambientale, di inadempienze, di silenzi colpevoli, di speculazioni finanziarie, di giochi politici. E' una storia complessa che Paolini racconta senza fretta e senza schematizzazioni, con la volontà di far capire tutto allo spettatore/cittadino, così che il suo giudizio possa essere consapevole. Nelle quasi tre ore di narrazione ci stanno dentro la lezione di chimica, le storie delle persone, la finanza, la politica... e, mentre il discorso procede, si capisce che non si sta tanto parlando di una fabbrica, di quella maledetta fabbrica di Marghera, ma dello sviluppo industriale dell'Italia del Novecento, della scelta di un modello di società che tutti abbiamo voluto, senza badare, forse un po' spensieratamente, ai costi che, anche in termine di vite umane, avrebbe comportato. Da lì è venuta la società del consumismo e della plastica colorata che ci si mostrava con il volto sorridente e suadente di Gino Bramieri nel carosello del "moplen". Nello spettacolo Paolini spiega, ripercorre vicende complesse, parla di cose difficili come l'angiosarcoma epatico, i polimeri, il cloruro di vinile, racconta le imprese degli uomini illustri e i drammi, i sogni, le illusioni dei semplici. Come sempre, incanta e appassiona. Alla fine, non fa proclami, non emette sentenze: il giudizio è già tutto nelle cose. Si appella, se mai, all'intelligenza del pubblico, che saluta con un «sani», rifiutando il «ciao» che, come ricorda, viene dal veneziano «sciavo», vale a dire da «schiavo vostro». Perché un cittadino non deve mai ridursi ad essere schiavo.
Teatro esaurito, applausi calorosissimi e convinti.
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