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Corriere della sera (Bergamo) – La ballata di Jack e Marco

Paolini, i cani e gli uomini di London: lo spettacolo è nato in Presolana

«Ti piace Jack London?». Gorizia gennaio 2005. Dopo una performance di «Il sergente», dedicato a Mario Rigoni Stern e a «Il sergente nella neve», si chiacchiera. La risposta di Marco Paolini alla mia domanda è quell’inconfondibile sguardo eloquente. Tradotto: «ma che domande fai?». Non parlammo molto di Jack London. Quel nome è come la password al «codice Jack», qualcosa che si può solo condividere e che la spocchia di troppi intellettuali e accademici non può cogliere, perché non conosce l’esperienza diretta delle cose che attengono all’avventura di vivere. Dire Jack London significa guardare l’orizzonte e andare verso una terra artistica incognita, esplorare. É quello che Marco Paolini fa di mestiere. Dopo quell’incontro tornammo a parlarci di London in diverse occasioni e quando rientrai dal mio viaggio nello Yukon per concludere un mio romanzo, affrontai la traduzione di «To Build A Fire».

Considerato il racconto più straordinario di London, meritava qualcosa di nuovo, qualcosa di più. Ecco come nacque il titolo: «Preparare un Fuoco». L’intenzione della traduzione era quella di dissodare e seminare da capo la grande terra londoniana. Di questo, Marco se ne accorse subito e credo che questo sia il contributo dato alla lenta maturazione dell’idea teatrale che permetterà al pubblico di comprendere il «codice Jack», dal teatro secondo Marco Paolini, quando «Ballata di uomini e cani» andrà in scena, sabato prossimo, al Palacreberg, il giorno prima della ricorrenza della nascita di London (12 gennaio 1876). Quando Paolini è in scena diventa i personaggi che affronta. Visitando la grande tenuta di Glen Ellen, California, dove London cercò di realizzare il suo sogno agricolo (sostenibilità e ritorno alla Terra, era l’inizio del ventesimo secolo) ebbi la fortuna di intrattenermi con Milo Shepard, il pronipote. Un mondo si apriva davanti a me. Paolini sul palco mi ha fatto rivedere il Jack London immaginato allora tutto assorto a raccontare la vita, dalle colline della California.

«Ballata di uomini e cani» si concretizza nel 2010. Al telefono Marco dice: «Sto preparando un lavoro su Jack, ho riletto vari testi e la tua traduzione di “Preparare un fuoco”. Voglio parlare un po’ di Jack. Ci facciamo una chiacchierata?». Fu dopo la chiacchierata, a pranzo dall’amico di avventure Renzo Scandella (ristoratore e artista del legno), che arriva la proposta: «Ma se io ti costruisco una cabin come quella di Jack London, tu vieni a fare una festa dove prepariamo un fuoco e tu racconti?». Renzo, «quel gran genio del mio amico», come cantava Battisti... Così nascono le cose belle, dalle intuizioni e dall’amore per la bellezza. Ma anche da doti speciali. Paolini lavora «in progress», ma ha la capacità di immaginare una struttura e di ancorarla agli attracchi dello storyteller (proprio come Jack London). É così che si tiene viva la materia studiata, riservandosi di inquadrarla da più angolazioni. Il 23 giugno 2010 nella baita del falegname Giovanni Ferrari, sopra la Valle dei Mulini, ci fu una «serata clandestina» proprio davanti alla cabin ideata da Renzo e realizzata con Giovanni. Mancavano 10 giorni al debutto ufficiale di «Suoni delle Dolomiti», sotto le Torri del Vajolet, quando ai piedi della Presolana Marco preparò il suo fuoco e cantò la sua ballata: «Le Orobie sono state importanti per questo spettacolo e la cabin in particolare è uno dei luoghi fondanti perché prima non aveva ancora una forma - c’erano solo le intenzioni».

Orobie sì, visto che l’1 agosto sarebbe tornato per la seconda data ufficiale. Alle Stalle di Parè, sopra Fino del Monte e Rovetta, in quattromila passammo una domenica indimenticabile, anche grazie alla partecipazione a «Ballata di uomini e cani» di Cristina Donà, pronta a fare gli onori di casa con le sue canzoni. Fu l’evento artistico di maggiore impatto degli ultimi anni. Ma torniamo a prima della prima e al trekking di 4 giorni organizzato da «Suoni delle Dolomiti» che portò al rifugio Caduti dell’Adamello dove, abbarbicato alla Lobbia Alta e di fronte al Pian di Neve e al Mandrone, in un ambiente straordinario a 3050 metri di quota Marco ci regalò un’ultima variazione alla «Ballata». In quei mesi gli avevo passato alcune traduzioni nuove di «Preparare un fuoco» e «Bâtard» (apparse nella nuova versione di «Il richiamo della foresta» per Feltrinelli).

Lui non recita le traduzioni e non rilegge un testo. Marco Paolini diventa la storia e tutti i suoi elementi: uomini, cani, ghiaccio, conifere, torrenti. Questo è il misterioso processo creativo che rende grande uno storyteller, capace di esserti familiare, ma sempre diverso, a ogni incontro. Ogni performance di «Ballata di uomini e cani» è unica, irripetibile, come un capitolo di un’unica grande opera che si disvela - da Marco Polo a Galileo e sino a Jack London. L’attuale slancio della narrazione trova formidabili alleati nelle musiche scritte da Lorenzo Monguzzi con Angelo Baselli e Gianluca Casadei e nelle animazioni di Simone Massi. Perché questa è la ballata di Marco e di Jack, storyteller e avventurieri della psiche: «Poi l’uomo si assopì. Entrò in un sonno che gli parve il più soddisfacente e piacevole mai provato. Di fronte a lui il cane attendeva seduto. Il breve giorno si chiuse e si infilò in un lungo e lento crepuscolo. Non c’erano tracce di un fuoco da preparare e inoltre nella sua esperienza di cane non aveva mai visto un uomo sedersi nella neve senza prima fare un fuoco». (Jack London, «Preparare un fuoco», 1910) .

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