Marco Paolini è un bravissimo narratore, capace di unire il rigore dell’inchiesta giornalistica e la ricerca storica, l’indagine antropologica e la magia della fiaba. La sua comunicazione con lo spettatore è genuina e toccherà proprio a lui visualizzare nel suo immaginario la storia, e spesso viverla come condivisa memoria culturale. Paolini sperimenta ne «Le avventure di Numero Primo», testo suo e di Gianfranco Bettin (allo Strehler, fino a domenica) un nuovo soggetto narrativo. Paolini propone un fantascientifico racconto di formazione, nel quale molte sono le prove da superare per Ettore il protagonista della narrazione, fotografo di guerra freelance, e Nicola, suo figlio arrivato via Internet, che ama farsi chiamare Numero Primo, un ragazzo tutto da scoprire. Una storia fantastica che parla dell’oggi e del futuro, neuroscienze, robotica, terra violentata, nei luoghi cari a Paolini proiettati in un domani inquietante, come Marghera divenuta centro di produzione di neve finta. Un padre e un figlio che si muovono nel Nord Est, dalla Laguna alle Alpi, tra pericoli, minacce e scenari di degrado, tra una modernità che turba e affascina. Un racconto complesso di avvenimenti a getto continuo, in un intreccio denso che spesso sfugge per quanto ben condotto dalla bravura del narratore.
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