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Corriere della sera – Paolini, il successo della scienza in tv

Mai in cattedra «Mi piace Piero Angela, sono cresciuto con Asimov e Dick, ma non mi metto in cattedra» Un milione e mezzo di spettatori. «Stupito anch' io dal fascino di Galileo»

ROMA - Era già successo con «Il racconto del Vajont». Ora con «ITIS Galileo», trasmesso in diretta dai laboratori sotterranei del Gran Sasso, Marco Paolini fa di nuovo il pieno di ascolti. Il suo nuovo capitolo di teatro civile, in onda l' altra sera su La7 (si replica il 1° maggio), ha registrato quasi un milione e mezzo di spettatori e oltre 4,3 milioni di contatti. Un altro record che si aggiunge ad altri successi dell' attore-autore-affabulatore bellunese, dal «Canto per Ustica» al «Milione». «Il risultato stupisce anche me, perché i miei non sono esercizi di stile - esordisce -. Quando ho pensato di realizzare in teatro questo spettacolo su Galileo Galilei, non immaginavo che avrei fatto tante piazze. Così come, quando l' ho trasportato in tv, non credevo certo di fare tanti ascolti. Non faccio mai calcoli di questo genere. Grazie alla libertà che mi sono guadagnato, e grazie alla mia struttura produttiva, posso permettermi di compiere scelte difficili». Una scelta apprezzata dalla vasta platea televisiva. «Intendiamoci bene: io non sono un divulgatore scientifico, né tanto meno un insegnante. Mi piacciono molto i programmi alla Piero Angela, sono cresciuto con Asimov e Philip Dick, ma non mi metto in cattedra a fare lo scienziato raccontando Galileo, così come non ero un geologo raccontando la tragedia del Vajont... E se devo dirla tutta, al liceo, sono stato pure rimandato a settembre in fisica: sarebbe contento, adesso, il mio professore». Però è un bravo attore: «Trasformo in teatro ciò che teatro non è». «ITIS Galileo» (Istituto tecnico industriale), che già dal titolo rimanda a un chiaro intento didattico, è un' approfondita analisi su un personaggio storico, una riflessione laica sulle contraddizioni del padre della scienza moderna. «Nutrivo dei forti dubbi sulla sua trasposizione televisiva. Scegliere i laboratori dell' Istituto nazionale di Fisica Nucleare è stata una sfida in tutti i sensi, che ha dato valore al progetto: un grande lavoro di squadra che ho condiviso con altre 87 persone. Trasmettere da 1.400 metri sotto terra non è cosa da poco... Abbiamo dovuto portare il segnale nelle viscere del Gran Sasso. E poi, mentre recitavo, c' era Icarus alle mie spalle, il rivelatore di neutrini realizzato dal premio Nobel Rubbia: chi ci guardava da casa non sentiva il rumore, ma io e gli spettatori avevamo per sottofondo il suo ronzio fastidioso, come quello di un gigantesco frigorifero». Un luogo, insomma, tutt' altro che deputato a mettere in scena uno spettacolo. «La sua forza non risiede nella perfezione formale della sua realizzazione, ma nell' immediatezza dell' evento, come un incontro sportivo. Nel marzo scorso allo Stadio Olimpico di Roma c' erano circa 80 mila tifosi che hanno assistito con entusiasmo all' incontro della nazionale italiana di rugby contro la Scozia: un gioco pesante, meno popolare del calcio, eppure...». Ma Galileo Galilei cos' ha di tanto speciale? «È vero, non era neanche tanto simpatico: non è un personaggio da stampare sulle magliette, come potrebbe essere Giordano Bruno. Non somiglia a un eroe: sul piano familiare pare fosse un disastro, un uomo pronto a passare come un rullo compressore su tutto e su tutti, ha commesso tanti errori, sia nella sfera personale, sia in quella professionale. Ma con tutte le sue contraddizioni ci somiglia di più, mostrandoci ciò che ci manca: l' ostinazione, la tenacia, la resistenza. Insomma, non è facile stare dalla parte di uno come lui, ma aiuta a non farci mettere la testa in pensione».

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