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Corriere Romagna – La prosa al Bonci esplode con "Galileo"

È stato l’anno per il “Bonci” dei testi “classici”. La locandiera di Goldoni, Un sogno della notte d’estate di Shakespeare, Il malato immaginario di Molière, Il berretto a sonagli di Pirandello, Mercadet l’affarista di Balzac, Aspettando Godot di Beckett. Con registi ed attori, che ci hanno permesso di compiere un autentico periplo attraverso la storia illustre del teatro.

E infine un vero regalo per gli spettatori, il Galileo di Marco Paolini: più di due ore di ininterrotta recitazione in crescendo di un attore, che è nello stesso tempo autore e narratore, che ricostruisce un evento di storia, di filosofia, di scienza e di cultura con performance straordinarie e una temperatura di passione intellettuale, che lascia ammirati. Lo dimostra l’ovazione finale del pubblico.

Lo spettacolo è frutto di una lunga preparazione minuziosa.

È la storia drammatica delle battaglie di Galileo Galilei per proporre, con appassionata persuasione, la nuova rivoluzionaria visione del cosmo e in particolare del sistema solare, che trova ostacoli quasi insuperabili e resistenze tenacissime su molteplici fronti: l’antichissima visione astronomica di Tolomeo, che ha dalla sua parte l’apparenza dei sensi, e l’appoggio dell’interpretazione ufficiale della Sacra Scrittura, mentre nello sfondo rimane la minaccia del supplizio di Giordano Bruno da Nola in Campo dei Fiori a Roma.

Quella storia che abbiamo studiato al Liceo, è teatralizzata sotto l’impeto di un’ispirazione travolgente, che si serve di pochi oggetti evocativi e di un’affabulazione che ricrea i momenti indimenticabili di quella battaglia ideale: Galileo che fabbrica il cannocchiale e lo volge verso il cielo scoprendo per primo una realtà mai vista da occhio umano, ma intuita e confermata dai suoi predecessori e contemporanei, Copernico e Keplero. De revolutionibus orbium coelestium e Il dialogo dei massimi sistemi del mondo scandiscono, quest’ultimo con finissima ironia, l’avanzata irresistibile della ragione scientifica.

E il quadro si arricchisce con la resistenza della magia, a cui l’uomo si aggrappa come a un salvagente; con l’avvento del teatro delle maschere; mentre Shakespeare, con le creazioni della sua fantasia poetica, si inserisce in questa intuizione di un altro mondo che manda in soffitta il precedente.

Marco Paolini intitola il suo lavoro “Itis Galileo” a indicare che interloquisce con la scuola, cerca una verità che in nome della ragione vuole sconfiggere l’irrazionalità, che oggi è presente negli oroscopi con conseguenze terribili. Un teatro, dunque, di coraggiosa educazione civile. Ma con l’aiuto di parole e immagini poetica e di una straordinaria capacità comunicativa.

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