Paolini celebra Jack London sul palco dell’Argentina fino al 2 febbraio, prima tappa romana dello spettacolo che sarà in tournée in tutta Italia. Può stupire vedereMarco Paolini alle prese con l’autore di Zanna bianca, si potrebbe pensare che questo spettacolo interrompa il filone di critica sociale e politica che da sempre caratterizza l’attore, ma non è così.
Paolini è uno dei pionieri del teatro di narrazione in Italia e, con questo spettacolo, omaggia un altro grandissimo narratore, ma chiaramente nella recitazione mette l’accento dove più gli aggrada, fa sua la storia a tutti gli effetti. Così, in una sorta di dialogo immaginario con London, l’attore e lo scrittore diventano coautori sul palcoscenico, anche grazie all’aiuto della musica; Paolini si fa accompagnare in scena da Lorenzo Monguzzi, chitarra e voce, che ha composto le musiche ad hoc per lo spettacolo, ed è affiancato da Angelo Baselli, clarinetto, e Gianluca Casadei, fisarmonica.
Su un palcoscenico allestito con una scenografia scarna, qualche bidone metallico e un piano rialzato formato da tavole di legno, prende piede la realtà di fine ‘800 del “Grande Nord”, la zona dello Yukon, del Klondike, di quello che oggi è il Canada nord occidentale. Lì si intrecciano le storie di alcuni vagabondi, tra il freddo, il fumo, la fame, la ricerca della fortuna e della dignità, che sembrano accompagnarsi l’una all’altra sullo sfondo della corsa all’oro.
Oltre ad utilizzare alcune pagine dell’autobiografia dello scrittore americano, Paolini reinterpreta tre dei suoi racconti brevi, che scandiscono il corso dello spettacolo, in ordine:Macchia, Bastardo e Preparare un fuoco; proprio quest’ultimo lo scritto che ha dato a Paolini l’idea per la trasposizione teatrale.
Dunque tre racconti, che prendono vita tra la musica e le parole, legati da un filo conduttore principale, il fulcro dello spettacolo: il rapporto che unisce l’uomo e il proprio cane. Questi sono i vagabondi che popolano i racconti di London, e si ritrovano ad affrontare insieme avventure e disavventure, aiutandosi e scontrandosi. Quello che emerge dallo spettacolo, attraverso la bravura di Paolini, è la forte carica umana dei racconti londoniani, in cui l’animale, il cane, è a pieno titolo coprotagonista delle vicende; è anch’esso vettore di sentimenti e sensazioni, trasmette phatos proprio per il suo saper patire.
Quindi poco importa che la storia sia raccontata dal punto di vista del cane, che sia ambientata più di un secolo fa, che parli di paesaggi lontani e sconosciuti, l’immedesimazione è immediata. La recitazione di Paolini è, come di consueto, coinvolgente e stimolante; l’attore sfoggia il suo talento, recitando per quasi due ore consecutive, sollecitando di continuo l’attenzione del pubblico con la sua drammaturgia fortemente dialogica.
Alla fine dello spettacolo, già di per sé notevole, il valore aggiunto dell’attualizzazione; l’attore richiama l’attenzione su quanti condividono, oggi, la sorte dei vagabondi londoniani: partono tutti per necessità, solo di rado riescono a intraprendere la via del ritorno.
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