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«Effetto Domino» e le disillusioni di una generazione

Sedetevi e mettetevi comodi, chiudete gli occhi e ascoltate Domani è lunedì, canzone di Marco Paolini con i Mercanti di Liquore, fino al punto di cui dice «Io ho una mentalità da imprenditore, ma sul lavoro sto col lavoratore ... Hey, Bepi... la mia azienda è come una famiglia, lo dico sempre agli operai: "Adesso basta, Andate a casa! E tardi! Domani è lunedì...". Ogni domenica la stessa storia; fino alla Domenica Sportiva me li trovo tutti qua. Non c'è niente di straordinario, qui è sempre aperto come in oratorio. Fin che c'è merce da consegnare, c'è speranza, poveri ragazzi... a casa è peggio. Li fanno lavorare gratis».

Adesso andate al cinema a vedere Effetto Domino, il film prodotto da Jolefilm con la regia di Alessandro Rossetto e liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Romolo Bugaro. Sedetevi, aprite bene gli occhi e concentratevi sull'ultima scena del film e sul dialogo tra l'imprenditore edile Franco Rampazzo e il geometra Gianni Colombo, amici da una vita e sodali anche nell'avventura immobiliare che porta al dissesto dell'azienda del primo, mentre il secondo fa il voltagabbana, tradisce l'amico e porta a termine l'operazione iniziata insieme con altri soci senza scrupoli, mentre l'impresario sprofonda inesorabilmente nel baratro, portando con sé famiglia, maestranze e fornitori. La scena finale si chiude con Franco Rampazzo che se ne sconsolato ripetendo «Lavorare, lavorare». La canzone è del 2004 e descrive uno dei tratti distintivi delle micro e piccole imprese (soprattutto) del Nord Est negli anni '8o e '9o, guidate con modelli gestionali «alla garibaldina», con approcci organizzativi paternalistici e con il mantra del lavoro che sovrasta tutto e tutti, inchinandosi solo di fronte al rito pagano della Domenica Sportiva, che cominciavano a perdere colpi già qualche anno prima della Grande Crisi del 2oo8. Il film, invece, è del 2019, è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia lo scorso 2 settembre e narra sia la disillusione di una intera generazione imprenditoriale, incapace di adattarsi rapidamente alle nuove prassi competitive post 2008, sia il fallimento di una intera società (la nostra), delle sue istituzioni e della sua classe dirigente, che hanno capito tardi la portata del cambiamento, hanno lasciato la comunità imprenditoriale al proprio destino e solo in pochi casi hanno avuto la lungimiranza di progettare e realizzare iniziative per stare concretamente al fianco di imprenditori, imprenditrici e delle loro famiglie. Tra questi, meritano un cenno particolare le iniziative di CUOA Business School, per portare (in tempo utile) sui banchi di scuola chi fa impresa e demolire il mito novecentesco «dell'imprenditore fatto tutto da sé», e il progetto InOltre, da cui è nata una vera e propria rete territoriale per assistere imprenditori che, travolti dalle difficoltà, rischiano di scivolare verso tentazioni suicide. La canzone e il film sono separati da quindici anni, ma la strofa della prima e l'ultima scena del secondo sono unite da due parole (famiglia e lavoro), dal sacrificio della famiglia e dalla parabola del lavoro (che passa da forma di riscatto sociale e condanna sociale e morale). Oggi, il tessuto imprenditoriale si è consolidato (con un percorso per nulla indolore), ma la velocità delle trasformazioni digitali in corso, l'improrogabilità di nuovi modelli di sviluppo sostenibili, le dinamiche dei flussi dei migranti, le proiezioni demografiche stanno creando le condizioni per un altro Effetto Domino, che questa volta rischia di scaricare le conseguenze (imprevedibili solo per una classe dirigente «innocente») su una grande massa di lavoratori e lavoratrici di tutte le categorie, e molto spesso senza colpe.

 

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