di Valerio Cappelli
ROMA Solleva il pugno chiuso la Festa del cinema, al via con Berlinguer – La grande ambizione di Andrea Segre (dal 31 ottobre nelle sale per Lucky Red). Il regista aveva 8 anni e il suo protagonista Elio Germano 4 quando morì il segretario del Partito comunista, scomparso in modo «eroico» a 62 anni durante un comizio a Padova. Il film è ambientato dal 1973 al ’78. Anni tumultuosi di trasformazioni sociali, i grandi dogmi, il mondo diviso in due, un italiano su tre votava Pci e si consumò il primo strappo dall’URSS, la difesa della legge sull’aborto, fino al tentativo del compromesso storico. Dalla morte di Allende a quella di Moro. «Non sono morti naturali», dice l’attore che si trasforma ancora una volta come un camaleonte. Nel film cammina con la testa incassata sulle spalle strette come Berlinguer, l’accento sardo, l’immancabile sigaretta, lo sguardo lucido e dolente, i suoi silenzi pieni di cose vive, quel modo di aprire le dita di una mano per accompagnare il ragionamento.
Cosa è rimasto di quell’Italia?
«In tante persone è rimasto il ricordo, l’affetto e il legame. Ci manca quel senso di collettività per cui questo paese riguardava tutti e non era un ring dove entrare in competizione l’uno contro l’altro; ci si sacrificava per il bene comune, si coltivava la grande ambizione (non quella del proprio profitto personale) nel senso attribuito da Antonio Gramsci».
E cosa ci manca?
«Il credere che le cose si possano risolvere. Oggi siamo attanagliati da problemi irrisolvibili: ti dicono, come si fa a non avere una guerra? E’ stato un viaggio in un pezzo della nostra storia che non abbiamo vissuto e che abbiamo imparato a conoscere».
Nel film ricorre la parola fascista. Oggi per chi è al comando è rimossa.
«Il tentativo di mettere in pratica la Costituzione è osteggiato non solo da fascisti e post fascisti, ma da chi cerca di mantenere i propri privilegi. Spaventa la scarsa possibilità di manifestare il dissenso. Hanno vinto loro? Non lo so. Certo dopo Berlusconi, che diede un’accezione negativa alla parola comunista, si è cercato di cancellare una storia che sembra quasi dimenticata».
Ma l’ideologia comunista è fallita.
«E’ fallita quella che ha dato vita ai totalitarismi. L’idea del Pci italiano di un socialismo nella democrazia che rende i diritti uguali per tutti è altra cosa. E’ l’unica forma di sicurezza possibile, se la ricchezza viene distribuita che bisogno c’è di rubare?».
Cambia l’approccio se si ridà vita a una persona che la pensa come lei?
«Non è detto che la pensi come me. Io non ho mai avuto la tessera del Pci che non ho incrociato per motivi anagrafici, ho solo quella dell’Anpi, i partigiani. Ho ascoltato familiari e colleghi di quell’uomo di cui ho cercato di restituire il rigore e la dedizione agli altri e al bene comune. Ai familiari, dopo l’uccisione di Moro, disse: se dovesse succedere a me, non devono esserci trattative coi rapitori, soprattutto nel caso fossi io a chiedervi il contrario».
C’era il rischio del santino?
«L’unico modo di evitarlo era di rispettare le caratteristiche di Berlinguer, il non essere sicuro di avere ragione, la messa in pratica del dubbio e dell’ascolto, senza dare l’idea di impartire lezioni. Ho sentito l’onere e l’onore».
Una straordinaria prova d’attore.
«E’ anche un film corale, fatto da 50 attori, 1500 comparse e centinaia di volti da materiali d’archivio».
Questo sito utilizza cookie tecnici, analitici e di terze parti per le sue funzionalità. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie clicca qui Cookie Policy. Cliccando "Ok" su questo banner o proseguendo nella navigazione del sito acconsenti all'uso dei cookie.
Scegli a quali categorie di cookie dare il consenso. Clicca su "Salva impostazioni cookie" per confermare la tua scelta.
Scegli a quali categorie di cookie dare il consenso. Clicca su "Salva impostazioni cookie" per confermare la tua scelta.
Questo contenuto è bloccato. Per visualizzarlo devi accettare i cookie '%CC%'.