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Europa – La tele dipendente. Paolini, il raccontastorie della televisione

Senza predibattito

No, il predibattito no! La7 ci regala il bellissimo “Il Sergente” di Paolini tratto dal romanzo di Mario Rigoni Stern, ma prima vuole prepararci con una puntata speciale di Otto e mezzo. Nobile intento, e però qualcosa non funziona. Sarà che fremiamo nell’attesa, e vogliamo gustare Paolini e non sentir parlare di Paolini. Carlo Freccero teorizzava sul concetto di evento, su come funziona l’evento in televisione, e se Paolini è o non è un evento. Intanto Ferrara lottava con una mosca, cercava di acchiapparla, e Freccero applicava subito la teoria a quella mosca, ridendo sornione. Sublime. Tati Sanguineti sosteneva che Paolini sa far parlare anche le pietre, e Ferrara gli dava ragione quasi rapito. La Armeni invece si lagnava che in Tv non si fa più teatro, anche se sul Teatro la Tv è nata. Vecchia vecchissima polemica, talmente vecchia che nessuno le rispondeva. Antonio Scurati parlava di romanticismo, lotte risorgimentali, divorzio del’eroe dal guerriero, fine dell’eroismo...mah. Piera degli Espositi parlava di maschere, diavoli, il nero che è in noi, tirar fuori, esporci, ma eravamo troppo attratte dal suo rossetto rosso fuoco in contrasto con la pelle bianchissima per darle retta. Otto e mezzo fallimentare, perché Ferrara ha cercato una definizione di Paolini. E Paolini non si può definire.

Teatro intimo

Paolini è molte cose insieme. Il suo è teatro, eppure quanto più se ne allontana tanto più si fa vibrante. Più si allontana da certi retaggi scenici troppo evidentemente "teatrali” (il servo di scena, i rumori d'ambiente, cambi di scena non ottenuti con il montaggio), più la macchina da presa si concentra su di lui, sulla sua voce, il suo corpo, più il racconto si fa meraviglia. Paolini funziona in Tv perché il suo teatro è televisivo, nel senso che punta su certi aspetti della costruzione drammaturgia che il piccolo schermo può far propri, amplificare, intensificare. Il teatro di Paolini è teatro intimo. Ha riunito in una cava dove fa un "freddo boia” un pó di spettatori, e ne ha riuniti altrettanti al di là dello schermo. Uniti nello stesso istante grazie alla diretta, gli spettatori vivono un’esperienza che è Paolini, la sua voce vibrante che racconta di un umanità dolente. L’essere lì accanto a lui o l’essere dall’altra parte dello schermo è quasi la stessa cosa, perché la Tv sa creare quel senso di comunità e intimità che nessun altro medium sa fare. Paolini ti entra in casa, e così le sue storie. Paolini è un affabulatore, e la voce è componente principale del suo teatro, così come la voce è componente portante del medium televisivo. Paolini insomma è perfetto per la Tv raccontastorie sublime, comunitario, intimo. Ecco una buona definizione per Paolini: lui è la Tv, la sua parte migliore. E la Tv, si sa, sfugge a una definizione univoca.

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