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Giornale di Sicilia – Paolini: per essere Sani adesso bisogna mettersi in gioco per i nostri figli e nipoti

Al Real Teatro Santa Cecilia di Palermo e al Garibaldi di Enna

Paolini: per essere Sani adesso bisogna mettersi in gioco per i nostri figli e nipoti

L'attore in scena con uno spettacolo in cui si parla di ambiente

di Simonetta Trovato

 

PALERMO

 

Il titolo è un saluto degli anziani della valle del Piave: «Sani» ovvero «salus», ovvero «tieniti in salute». «I miei nonni usavano "sani" per augurare una buona giornata a chi incontravano per strada; e ancora oggi nelIn Valle, si sente». Marco Paolini parte da qui, da questa parola che ha radici antiche, per il suo progetto teatrale che - dopo una versione da viaggio al Cretto di Burri in estate per le Orestiadi - arriva giovedì prossimo al Real Teatro Santa Cecilia, ospite del Brass group, e la sera successiva al Teatro Garibaldi di Enna, per la stagione Alte Visioni, prece duto da un incontro con il pubblico, alle 18 al caffè letterario Al Kenisa.

«Sani» è teatro civile di quello puro, una ballata che affronta temi urgenti, come quello della salvaguardia dell'ambiente, e scomodi come quello dell'accoglienza, intrecciando canzoni e racconti autobiografici seguendo il filo della narrazione di periodi storici che hanno cambiato la storia dell'umanità. La scenografia è un enorme castello di carte, uno di quelli che cadono con un soffio.

Dunque, partiamo da un saluto. Ma «Sani! Teatro tra parentesi» è qualcosa di più di una pacca sulla spalla.

«Il vero punto di partenza è un articolo uscito nel 2020 sul concetto di bilancia, il rapporto tra peso e massa, un modo per togliere alibi a luoghi comuni - spiega Marco Paolini -. Un castello di carte che è la metafora di quello che ci si vuol vedere. Metto in fila una serie di punti di crisi e li racconto in maniera autoreferenziale, perché si deve sempre partire da un fatto personale. Le crisi ti mettono davanti a delle svolte, in questo spettacolo parlo di sostenibilità, di tutto quello che determina il riscaldamento climatico. Uso la metafora della cattedrale: i costruttori medievali sapevano che non avrebbero mai visto la fine del loro lavoro, eppure proseguivano per anni, pietra dopo pietra; e così capita con gli alberi, chi li pianta sa che non li vedrà  mai grandi. Non è una lezioncina per le medie: bisogna mettersi in gioco per i nostri figli e i nostri nipoti, senza far finta che non ce ne frega nulla».

 

Ma Paolini ha paura del riscaldamento globale, di una terra malata, della calotta che si sta sciogliendo?

«Potrei cavarmela dicendo che sono vecchio e che non vedrò mai gli effetti di tutti i danni che la nostra generazione ha provocato. Ma sarebbe una stupidaggine: la verità è che non ho paura ma anche che ce l'ho. È come quando sali in macchina e sai che devi andare da qui a lì: ci sono un'infinità di variabili, può accadere di tutto, un incidente, si buca una gomma, un cane attraversa la strada... Dobbiamo capire -noi tutti - che il pericolo maggiore è l'inerzia: devi restare sveglio, per guidare e per evitare di sentirsi morti. Le crisi sono la segnaletica necessaria.

I progetti di Marco Paolini a breve?

«Sto rimettendo in piedi uno spettacolo che si chiama "Boomers", una saga autoironica sulla mia generazione che è capace di meraviglie e infamie».

Non solo la sua generazione... 

«Anche le altre, vero, ma io me la prendo ferocemente con la mia, più massiva ma che ha sprecato tutte le sue occasioni».

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