Consumismo, alienazione, immigrati, fra i temi oggetto di riflessione
Bassano
Aula magna della Bellavitis strapiena, l'altra sera, per l'incontro organizzato dall'associazione Macondo con l'attore Marco Paolini , bellunese di nascita e trevigiano di adozione. Negli ultimi anni Paolini si è conquistato una larga popolarità alimentata anche da un autentico affetto da parte del pubblico veneto per il modo in cui sa dare voce a istanze anche regionali, mentre ha saputo qualche anno fa guadagnarsi una notorietà anche nazionale dopo il passaggio su Rai Due del suo "Racconto del Vajont".
"Cos'è questo - ha esordito Paolini rivolto al pubblico che assiepava anche il palco, oltre alle pareti e agli ingressi - Un altro sbarco di clandestini? E' arrivata un'altra nave? Fuori tutti i documenti d'identità e non cercate di ingannarci fingendo di parlare in idioma!".
Poi: "Non so di che razza siete, ma avete degli occhi belli e vorrei sentire parlare voi. Siete tanti, e si sente che dentro di voi c'è tanta voglia e tanta energia che buttereste giù queste mura. Chissà da quanto tempo la molla si sta tendendo ...".
Si doveva parlare di Porto Alegre e cercare di capire se e come una nuova generazione si fosse messa in moto, ma tra Paolini e Giuseppe Stoppiglia è stato un duetto a ruota libera sui più svariati temi: il consumismo ("A Rosà ci sono più telefonini che in tutta Brooklyn") e l'alienazione dell'elettrodomestico capofamiglia (il telecomando), le tradizioni venete sulla scorta delle rivisitazioni del Meneghello di "Libera nos a Malo" (quando il paese manteneva un'agorà e il criterio del pubblico giudizio "sta ben, no sta ben" temperava le trasgressioni) e gli eroismi di un padre Alex Zanotelli nelle bidonvilles di Nairobi ("Nei luoghi più brutti della terra ho conosciuto le persone migliori"), la globalizzazione, naturalmente, e la politica, il volontariato, la scuola.
Paolini 'cita' Tolstoj: "Chi no xe anarchico a 17 anni, xe mona", e poi denuncia, sempre coi suoi modi di comico sornione, che "siamo un paese di ex, zavorrati, che hanno tirato i remi in barca e vivono di rendita. Scatta un'età pensionabile che non è somma di condizioni oggettive come il matrimonio o l'età, ma è una sorta di resa. I motivi del nostro disagio sono nell'accettazione bovina di un giogo che ci impedisce di alzare la testa".
E non illudiamoci: visti da fuori noi, che apparteniamo al mondo cosiddetto privilegiato, siamo visti come schiavi. E non possiamo aspettarci pietà: nelle bidonville di tutto il mondo la notizia dell'abbattimento delle Torri Gemelle è stata accolta con ben altre reazioni che le nostre.
Porto Alegre è una speranza?
"Il movimento dei movimenti - si accalora don Stoppiglia - non è guidato da ideologie economiche o politiche, ma solo spirituali. E non esiste un denominatore comune perchè ogni cultura, grazie a Dio, è diversa e tale deve restare. Quindi non ci sono risposte e soluzioni univoche e ogni istituzionalizzazione del movimento è destinata al fallimento".
Ma alla fine, per agire, per non limitarsi ad un volontariato tappabuchi (che giova a chi? "E non è per caso una specie di mercato delle indulgenze?" si chiede Paolini ) non c'è che la politica.
"Ma la democrazia è faticosa e ora si privilegia l'efficienza. Dunque spazio a manager che confondono pubblico e privato. Ed ecco allora il nuovo feudalesimo, le nuove signorie".
Ma occorre cucire. "Compito dell'artista - dice Paolini - è far da ponte. C'è chi è preso da conati di vomito sentendo l'avvocato Taormina e chi ascoltando Borrelli. Vuol dire che c'è una frattura pericolosa. L'attore deve cercare le parole per spegnere le pistole".
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