Marco Paolini dichiara subito le sue intenzioni: «Sarà uno spettacolo artigiano, ma anche partigiano. Da che parte? Quella di Galileo». È il 25 aprile e mischiare scienza fede e Resistenza è uno scherzo da ragazzi per un affabulatore come l’attore bellunese, stavolta in viaggio nel Seicento in compagnia di Aristotele, Tolomeo, Niccolò Copernico, protagonisti del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. Farne un testo teatrale per la tv è la scommessa di Itis Galileo, in onda dai Laboratori sotterranei dell’Istituto di Fisica Nucleare del Gran Sasso, due ore e venti di lezione- monologo, senza interruzioni pubblicitarie (La7, mercoledì, ore 21,20). Si parla dell’invenzione del cannocchiale (o della copiatura da quello degli olandesi?), della rivoluzione copernicana che mise in discussione la teoria aristotelica della centralità della terra, della scoperta dei quattro pianeti di Giove. Mica robetta. Paolini semplifica, ad uso di chi ha studiato nel sempre bistrattato istituto tecnico citato nel titolo. E come fa a tenere l’attenzione per oltre due ore di quasi un milione e mezzo di telespettatori ( 5,73 per cento di share)? Con l’istrionismo e il piglio del monologhista di razza che cambia registri, dialetti e parti in commedia. A un certo punto Giovanni Keplero, Giordano Bruno, Tommaso Campanella, il Sant’Uffizio di Bellarmino,persino Shakespeare coetano dell’astronomo pisano, son tutti lì, al centro della scena arredata da una mina vagante che nasconde un astrolabio. Ma l’arma vincente di Paolini è l’attualizzazione. Galileo interrompe gli studi di medicina e annuncia che vuole iscriversi a matematica, «che oggi sarebbe come dire mamma faccio il Dams». Campa facendo oroscopi finché gli offrono un lavoro all’estero, Padova, Repubblica della Serenissima, «primo esempio di fuga di cervelli». Quando crea il suo canocchiale, il doge di Venezia lo ricompensa con la cattedra a vita, «un precario che diventa ordinario senza raccomandazione». La disputa avanza e la discussione tra l’astronomo e il Papa «è bellissima, ve li immaginate Margherita Hack e Ratzinger?». Il gioco di Paolini è fin troppo facile. Il suo Galileo è un eroe indomito, antesignano di Newton e Einstein. Nemmeno quello di Brecht, riproposto da Franco Branciaroli, era così monolitico e senza macchia.
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