LODI — Voci dal carcere. Dolorose, scoraggiate. A tratti rabbiose. Storie drammatiche di solitudine, che chiedono di uscire dall'isolamento e di poter creare ponti di dialogo col «mondo di fuori». Su tutto, una domanda pesante come un macigno: «Noi stiamo pagando la nostra colpa. Ma, quando usciremo, chi ci aiuterà? Senza casa, senza lavoro rischiamo di tornare come prima. Peggio di prima. La gente a questo ci pensa?». Ha risvolti drammatici la tappa della Carovana antimafia nella casa circondariale di via Cagnola. Di fronte ai detenuti ci sono don Luigi Ciotti e Marco Paolini. Ascoltano un rosario di lamentele: niente palestra, spazi angusti, celle al collasso. «Siamo in ottanta - dice uno di loro -. In estate, per avere una bottiglia d'acqua fresca dobbiamo tenere i rubinetti aperti tutta la notte. E poi ci fanno rapporto». Dai responsabili del carcere arrivano promesse: si acquisterà un frigorifero nuovo, tra un anno sarà completata l'ala moderna e funzionale. Ma ai detenuti non basta. Ammutoliscono solo quando parla don Luigi Ciotti. Li abbraccia tutti con lo sguardo. Li chiama «amici». E loro, forse per la prima volta da quando l'incontro è iniziato, si sentono capiti. «Siamo nel Paese in cui i potenti si autoassolvono e i più fragili stanno in galera», dice il sacerdote. «Noi ci stiamo battendo, e continueremo a batterci, per trovare pene alternative, affinché il carcere resti l'extrema ratio. Ma non è facile. Due anni fa, quando per il Giubileo il Papa chiese un provvedimento di clemenza, "Libera" comprò per due volte una pagina sui giornali. Ai politici dicevamo: fate la vostra parte. Noi garantiamo una catena di solidarietà con 9mila posti di lavoro. Se ne sono infischiati». «Perché?», chiedono in tanti. «Perché l'argomento-carcere non "tira" politicamente», è la risposta. E a chi chiede che, invece, la strada della sensibilizzazione sia percorsa fino in fondo, don Ciotti assicura: «E' vero, nel Paese la sensibilità sui temi della legalità sta diminuendo. Ma voglio che sappiate che ci sono persone, anche dentro la burocrazia, che continuano a combattere perché qualcosa, qui dentro, cambi. Non vi posso promettere nulla. Il clima è difficilissimo. Ma noi non ci arrenderemo. La Carovana serve anche a questo. Siamo in tantissimi, e non vi lasciamo soli».
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