Mussolini a Hitler: <>. Comincia così lo spettacolo “Il Sergente” di Marco Paolini sulla campagna di Russia, allo Strehler fino al 28. per cui: 230 mila soldati dell’Armir, fra cui un corpo d’armata di 70 mila alpini, mandati in Russia,a 3 mila chilometri da casa, con le suole di cartone, moschetti, mortai e muli della Prima guerra mondiale. Il naufragio nazifascista nella neve del Don è, in questa versione teatrale, l’anabasi dialettale di cui parlò Vittorini nel ’53, quando pubblicò “Il Sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern. Per oltre due ore - in proscenio il trenino di latta del viaggio rifatto in Russia, alle spalle una carta murale dell’Europa, stracci bianchi che figurano la neve assassina, tre fondali metallici che riflettono lampi e fragori delle battaglie, una macchina da scrivere presidiata da un universitario del Dams in veste di maestro di scena – il Sergente attraversa la storia dei vinti, la disperazione della disfatta, lo stupore dei superstiti. Si tratta di una cosa sola: “tornare in baita”, ritrovare la propria casa. Cosa fare, dove andare nell’universo di ghiaccio del Don, dov’è l’Italia?il sergente cammina, ma non ha risposte per i suoi 55 alpini. Ha in tasca due libri: il racconto di Rigoni e l’Anabasi di Senofonte, altra ritirata fino al mar Nero dei mercenari di Ciro, nel IV secolo a.C. “Il Sergente”, in locandina, ha questa scritta: “a Rigoni Stern”. Non è una lettura scenica in orizzontale: Paolini prende le distanze dalla scrittura memorialistica dell’eremita di Asiago, ed è bene che sia così. Niente retorica, commemorazione, letteratura. Nel vento sibilano la risata della vita che non vuole cedere, il fuoco nemico, nelle tane coabitano alpini, topi e foto di morose. E quando una donna, in un’isba, accoglie un fuggiasco e gli dà una scodella di latte e miglio, e lui mangia con i soldati russi, non più nemici, capisce che la guerra è stupida. Teatro lenitivo? No: il pubblico applaude alla fine il racconto vigoroso, vibrante, colorito come la bestemmia di tutti i povecristo del mondo che vogliono vivere.
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