Incontro al Bo, presentato il film di Paolini e Mazzacurati
Quante “generazioni” a incontrare Mario Rigoni Stern, ieri pomeriggio nell’Aula Magna del Bo. L’occasione era offerta dalla presentazione – promossa dall’Università – del primo di tre cortometraggi dal titolo “Ritratti”, prodotto da Francesco Bonsembiante per Regione Veneto e Vesna Film. Il primo con protagonista lo scrittore dell’altipiano di Asiago, selezionato per la 56ª Mostra di Venezia, è opera di Carlo Mazzacurati e Marco Paolini, col quale Rigoni Stern dialoga nel bellissimo filmato. Gli altri saranno dedicati ad Andrea Zanzotto e a Luigi Meneghello.
Paolini e Mazzacurati, introdotti dal professor Giorgio Tinazzi delegato del rettore Marchesini per le iniziative culturali dell’Ateneo, si sono limitati a fugaci interventi. L’attore, per un breve “diario” della sua permanenza in montagna, a tu per tu con il “patriarca” e con l’ambiente dove egli vive, per le riprese di questo intensissimo ‘Ritratto’ di meno di un’ora. Girato in pochi giorni, in un sobrio bianco e nero, con efficace alternanza di primi piani dei due conversatori e lenti movimenti di macchina sui boschi spruzzati di neve ( “elemento” che Rigoni ha preteso fosse presente nell’opera). Il regista, per riferire le sensazioni provate nel lavorare un prodotto “diverso”: “con la cinepresa – ha spiegato – per la prima volta da me usata non per raccontare una storia, ma per ascoltare storie, raccontate da una persona che ha molto da insegnare”.
Poi, subito la visione del film. Dove Rigoni Stern confida a un discreto ed emozionato Paolini i suoi ricordi. “Perché la gente”, dirà poi Rigoni Stern nel dibattito, “oggi ha la memoria labile, e invece i ricordi, se li coltiviamo, ogni mattina hanno qualcosa di nuovo da rivelarci. E poi – come ci ammoniva Primo Levi – è fondamentale la memoria del male, perché le cose che si dimenticano possono ritornare”. Ricordi, quelli del film, della guerra con la campagna di Russia, della sua vita sull’altipiano fra gli amati “compagni” alberi, delle tappe e degli incontri della sua attività letteraria. Quindi le domande da parte del pubblico che affollava l’Aula Magna. Stratificato appunto in diverse “generazioni” a confronto: con coetanei dello scrittore (fra cui qualche anziano esponente della Resistenza), docenti e molti studenti universitari, e anche diversi giovanissimi delle scuole medie. Comincia una signora ottantenne, che chiede all’uomo famoso se è in grado di spiegarle perché, dopo tanti orrori, le guerre e gli eccidi continuano. Lui, scosso, deve ammettere che no, non sa rispondere: che quella domanda sulla “insensatezza di ogni guerra” si pone “da quando esistiamo qui sulla Terra”.
Poi tocca ai giovani e ai ragazzini. Che le guerre le hanno viste solo in televisione e le “praticano” con i videogiochi. E che invece, da lettori di Rigoni Stern, sono molto più interessati dal suo rapporto con la natura. “Certo”, commenta lo scrittore, “voi state riscoprendola perché, non “avendola” ormai quasi più, vi accorgete che qualcosa di fondamentale vi manca. Noi vivevamo ‘nella’ natura, ‘eravamo’ natura. Se volete ritorvarla, uscite di casa, lasciate il televisore e il computer, andate dove la natura c’è ancora, e neanche tanto lontano. Ma per carità, andateci a piedi, non in macchina o con la moto da cross. Grazie a Dio, la natura sa difendersi, con uno spirito di sopravvivenza analogo a quello degli uomini in guerra. Sul nostro pianeta rimangono luoghi selvaggi. Non occorre cercare quelli esotici. La mia montagna, o i vostri colli Euganei, hanno meraviglie da rivelare appena fuori mano, dove non va nessuno, a cento metri da dove i “gitanti” lasciano l’auto”.
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