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IL MATTINO – Zanzotto, la poesia che resiste

E l'ultimo grande poeta. Fragile e fortissimo nei suoi 85 anni, Andrea Zanzotto racconta con disincanto - quello dell'infinito amore - il nostro mondo. Potrebbe insegnare a tutti, ma nessuno è più lontano di lui dalla superbia. Spera di infilare ancora qualche annetto, ha un nipotino birba «che solo a parlarne m'incanto» e sta preparando un nuovo libro. Zanzotto era ieri in Villa Settembrini a Mestre, ospite della Regione del Veneto (c'erano il dirigente alla Cultura Angelo Tabaro e lo scrittore Gianfranco Bettin) per presentare la nuova edizione di Ritratto, il film di Carlo Mazzacurati e Marco Paolini nato da una lunga intervista del 2000 (la prima edizione del libro è uscita nel 2001 nelle Edizioni Biblioteca dell'Immagine di Pordenone), ora in libro e dvd per Fandango. Dopo la proiezione, il poeta di Pieve di Soligo ha riletto il film alla luce dell'esasperata accelerazione della storia: «Quella attuale non ci permette nemmeno di dire: sono in movimento o sono fermo. C'è volontà di dimenticare l'essere umano, siamo in un vortice voluto da un motore che tende a nascondersi, che fa girare le cose troppo e male: il tardo capitalismo». «In questi ultimi anni», aggiunge Zanzotto, «si assiste all'irrompere della decrepitezza: il mondo è vecchio e non ha più voglia di esistere. Ma la poesia può vivere lo stesso e può trovare negli orribili sconvolgimenti del paesaggio spinte a scrivere». Nel mondo della pubblicità «dilagata in maniera schifosa, siamo costretti a volere una cosa e anche il suo contrario». Ma gli occhi del poeta vedono ancora, nel tratto da Pieve di Soligo a Mestre, le case vecchie accanto ai grattacieli: quei ruderi «sono dèi superati ma ancora pieni di pietas, lo spirito pietoso della poesia si risveglia anche di fronte a questi ruderi».
«Ogni parola che Andrea Zanzotto pronuncia appare come la sofferta punta di un iceberg sotto cui vi sono molti suoni, odori e luci misteriose», annota il regista Carlo Mazzacurati - l'autore di pellicole come Vesna va veloce, Il toro e di un altro ritratto, quello di Luigi Meneghello - «Il suo volto è enigmatico e lunare, pieno di sfumature, con occhi sempre vivi e e ironici che parlano per proprio conto una lingua senza parole. Nelle tre giornate di lavoro trascorse insieme, mentre lo guardavo e mi domandavo che cosa fosse la poesia, mi veniva in mente sempre una sola immagine: quella di un fiore». Il film di Mazzacurati lascia fluire il volto e le parole di Zanzotto nei paesaggi, natura e paesi, nel magnifico montaggio di Paolo Cottignola la voce diventa immagine. I temi di Zanzotto, da Dietro il paesaggio (1951), titolo profetico di una poetica che vive con lui da tutta la vita, alla Beltà del'68, Pasque del'75, il Montello bruciato dalla guerra del Galateo in bosco (1978), dove «la storia è paesaggio che sanguina», nell'intervista di Marco Paolini e del regista padovano ci sono tutti. Il paesaggio sopra tutti. «Non arrivavo a scrivere versi se non all'interno di un preciso quadrilatero geografico», ammette da anni, da Asolo fin sotto il Montello con l'Oriente aperto fino a Pordenone ma il Nord sbarrato dalle Alpi. Le emozioni del paesaggio nate nella primissima infanzia, fino al paesaggio violato di oggi. La scienza, la storia. I primi amori, quando davanti alla ragazza che gli piaceva lui, il poeta, non era più capace di parlare, la «petrarchizzava». I viaggi, fatti più con la fantasia che nello spazio, viaggiando nella grande letteratura. L'arcaicità dei canti dei contadini, la musica folklorica oggi scomparsa, i preti che in strada cantavano arie d'opera, lo scricchiolio delle foglie sono il paesaggio sonoro della sua infanzia. Ininterrotta in Zanzotto da sempre, quello che rende emozionante ascoltarlo nella fragilità e forza dei suoi 85 anni, la riflessione sulla poesia: «La missione del poeta? Restaurare il vuoto che c'è nel mondo. La poesia è una lettera che vuole tornare al mittente dopo aver aver girato un po' il mondo. E' mendicare. Omero era cieco e mendìco. Poeta è quello che raspa, improvvisa, fa bricolage per superare una faglia».
Il Ritratto è molto più di una testimonianza preziosa. E' un canto.

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