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Intervista: «La nostra sceneggiatura nutrita dalla realtà tra il potere di denaro, finanza e Chiesa»

Da "Piccola Patria" a "Effetto Domino", che sarà al Lido il 2 settembre: così il regista padovano Rossetto legge i mutamenti del Nordest

Dopo mesi di lavorazione, il nuovo film di Alessandro Rossetto, liberamente ispirato al romanzo di Romolo Bugaro, è pronto a debuttare alla Mostra del Cinema di Venezia il prossimo 2 settembre (nelle sale dal 3). "Effetto domino" è la fotografia di una catastrofe finanziaria che si abbatte su un imprenditore (e sulla sua famiglia) e, a cascata, sulle vite di altri piccoli e grandi fornitori, tessere di un avveniristico progetto edilizio nel Nord Est caliginoso che sogna di trasformare enormi alberghi in disuso in residenze per anziani ricchi. «Una montagna de schei», che si sgretola e frana quando la banca finanziatrice si tira indietro. Il regista padovano Alessandro Rossetto parla del suo film con l'orgoglio (e la fatica) di chi è consapevole di aver realizzato un progetto ambizioso.

Da "Piccola patria" a "Effetto domino" come è cambiato il Nordest?
«Forse è presto per capire che tipo di realtà emerga dal mio film ma ci sono due elementi che mi hanno colpito. Il territorio slabbrato, nella fattispecie l'area termale con mastodontici alberghi abbandona-ti, rimane una cifra di questo Nord est che, nella corsa, ha la-sciato indietro qualcosa. Un secondo elemento riguarda il futuro, anche demografico, del territorio: mentre scrivevamo il film, siamo stati assediati da ciò che succedeva in-torno a noi. Cordate di imprenditori orientali si presentavano per rilevare gli alberghi dismessi mentre società attive nel business della terza età chiedevano informazioni sulle strutture. Sembrava che la realtà nutrisse la sceneggiatura o che il film nutrisse la realtà».

Nella sfida della globalizzazione sembra, però, che il Nordest da locomotiva si sia trasformato in carrozza.
«Oggi sono in gioco interessi impensabili fino a poco tempo fa. L'industria termale aponense è ancora a gestione familiare, mentre ora la dimensione economica è internazionale. È un dissidio che nel film si riflette anche nella famiglia del protagonista: al suo interno si innescano le stesse dinamiche che si celano dietro al tentativo di innovazione da parte dei più giovani». Una società che ragiona so-lo in metri cubi edificabili cui nemmeno la Chiesa sembra rimane insensibile. «Il film è una riflessione sui poteri. Il denaro, la finanza e anche la Chiesa. Nel film assume una forma molto precisa per-ché è legata a una relazione amicale tra un prete, interpretato da Vitaliano Trevisan, e il geometra Colombo. Una relazione che sembra attingere da un passato contadino ma che è incastonata nelle immagini in modo da essere rappresentativa della presenza costante di uno dei poteri ancora forti del nostro presente».

Oltre al romanzo quali altre suggestioni l'hanno ispirata?
«Nel 2009 ho seguito le vicende di un reale "effetto domino" per farne un documentario. Quando ho letto il libro di Bugaro ho ritrovato sulla pagina scritta quello che già avevo osservato dal vivo: compartimenti stagni, realtà parallele che non si conoscono eppure risentono della catastrofe come se a un tratto divenissero vasi comunicanti. Il romanzo ha una struttura molto affascinante che ho cercato di replicare nel film. Questa esplosione di piani mi ha spinto a scelte registiche inedite come la suddivisione in capitoli e la voce fuori campo: una posizione di narratore/Dio che osserva dall'alto i protagonisti come piccole formiche».

Teme che l'uso del dialetto veneto possa essere un osta-colo alla fruizione e alla distribuzione dell'opera?
«La scelta di usare in parte il dialetto è stata istintiva. Non credo che possa essere un limi-te: il sottotitolo è ormai completamente sdoganato e il pubblico è pronto a comprendere una scelta molto qualificata anche dal punto di vista della profondità della riflessione e del lavoro attoriale».

A Venezia "Effetto domino" non sarà in competizione. Uno stress in meno o una occasione mancata?
«Abbiamo ultimato il film appena in tempo perché potesse essere proposto al Festival. Per noi è un'ottima occasione, non esiste un problema di collocazione. Personalmente faccio sempre fatica a pensare che i film competano tra loro: non me li immagino a correre in pantaloncini e maglietta l'uno contro l'altro».

E' l'inizio di un sodalizio arti-stico con Bugaro?
«Non lo so. Certo è stata l'occasione per lavorare insieme anche sulla pièce teatrale —"Una banca popolare", che sarà in scena al Teatro Verdi di Padova a gennaio 2020 — che Romolo ha scritto sulla crisi del sistema bancario veneto. Ne abbiamo parlato e mi ha voluto come regista. Il cast sarà in buona parte quello di "Effetto domino" che ha dei punti di tangenza con lo spettacolo teatrale anche se nel film il tema delle banche non è esclusivo. Peraltro, la pièce, in cui il contributo audio-visivo sarà importante, potrebbe avere, a sua volta, degli sviluppi cinematografici».

 

IL SET

Tra gli alberghi in disuso delle Terme euganee

"Effetto domino" è stato girato principalmente tra Abano Terme, Montegrotto e Galzignano (una parte delle riprese si è svolta anche ad Hong Kong). Tra la fine di dicembre 2018 e la primavera di quest'anno molti alberghi della zona termale si sono trasformati in altrettanti set per il film. Nel caso dell'Hotel Bagno Romano di Montegrotto, Alessandro Rossetto e la sua troupe hanno approfittato della sua effettiva demolizione a marzo per cogliere il momento, filmarlo e inserirlo tra le sequenze di "Effetto domino", quando il progetto di riqualificazione degli alberghi in residence per anziani benestanti passa attraverso l'abbattimento e la ristrutturazione delle vecchie strutture abbandonate (nel romanzo di Bugaro, invece, il progetto riguardava l'edificazione di una nuova città al confine tra Vicenza e Treviso). Tra gli edifici in disuso compaiono l'Hotel Monaco, l'Hotel Centrale e l'Hotel Magnolia, mentre tra le strutture in attività si riconoscono l'Hotel Abano Ritz e l'Hotel Majestic dove la notte di Capodanno, come in una sorta di performance live, è stata girata la sequenza di una festa. Sempre ad Abano si trova anche la bellissima villa progettata dall'architetto Tobia Scarpa che nel film è l'abitazione di uno dei protagonisti, il giovane imprenditore Fabris (interpretato da Stefano Scandaletti) che si insinuerà nelle crepe del disastro finanziario.

 

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