Dall'8 gennaio su Rai 3 in prima serata, al centro del programma le crisi ambientali, il pensiero ecologico, le origini e il significato dell'emergenza sanitaria.
"Insieme a Telmo, che ha una straordinaria capacità di sintesi su materie complesse, abbiamo ragionato sulla contemporaneità e sul momento che stiamo vivendo - spiega Paolini all'agenzia Ansa - è venuta l'idea di La fabbrica del mondo e l'abbiamo proposta alla Rai. E' un progetto con cui esploriamo i punti dell'agenda 2030 delle Nazioni Unite. Abbiamo registrato alla fine di settembre, prima della Cop26, ma avevamo già il quadro di una situazione in divenire preoccupante".
Mettere "in una prospettiva di storia le cose serve ad allontanarle dall'irascibilità che provoca l'agenda giornalistica - aggiunge - l'argomento è talmente serio, che non è più attuale per i media se Greta Thunberg non si mette a strillare 'bla bla bla'. Allo stesso modo un'enciclica di papa Francesco può servire a richiamare l'attenzione dei titoli per una giornata, ma da sola non basta. Questo è il pensiero de La fabbrica del mondo, provare a vedere se attraverso un linguaggio che è finzione dichiarata, come il teatro, si arriva a parlare di realtà, aggirando la questione frontale delle fake news, che le persone si portano dietro".
Il senso del programma è che "siamo in un luogo che noi consideriamo casa: noi lo chiamiamo fabbrica perché è il risultato di tutte le azioni che facciamo. Gli esseri umani hanno raggiunto grazie alla tecnologia, dei livelli di azione che ci fanno associare ad una delle forze naturali, il vento l'acqua, la grandine o ai mega disastri climatici. Noi siamo un'alluvione, siccità, tifone, ma al tempo siamo anche l'arca".
Paolini non dà lezioni ma instaura, in un continuo riflesso tra il passato e l'oggi, un dialogo aperto che ha come scenario una grande fabbrica, arricchito di puntata in puntata, scrittori come Noam Chomsky, Andri Snaer Magnason e Daniele Zovi, saggisti come David Quammen e Loretta Napoleoni, scienziati come l'epistemologa Naomi Oreskes, Barbara Mazzolai, Laura Airoldi e Mariella Rasotto, economisti come Mariana Mazzucato, giornalisti come Paolo Capelli, esploratori come Alex Bellini. Un tragitto che passa per luoghi come l'altipiano di Asiago, dove nel 2019 la tempesta Vaia ha abbattuto un milione di alberi in pochissimi minuti, o nel golfo di Trieste e attraverso momenti di rappresentazione.
Nella prima puntata, dal titolo Pipistrelli e virus, si va dalla nascita del pensiero ecologico, grazie anche a una scienziata coraggiosa come Rachel Carson (suo uno dei testi di di fondazione, Primavera silenziosa, uscito nel 1962, due anni prima della sua morte per un tumore) e la sua battaglia contro il Ddt, subito osteggiata, ai ricercatori che hanno ricostruito la storia delle moderne pandemie, come Carlo Urbani, il medico italiano che bloccò l'epidemia della Sars e perse la vita, fino al covid.
"Abbiamo deciso di trovare un modo di racconto che non fosse angosciante, che non fosse quello del giornalismo d'inchiesta. Nella prima puntata ad esempio, non ci fermiamo all'attualità, ma torniamo alle cause generali, a ciò che aveva scritto Quammen nel 2013, sui salti di specie e a cosa può innescare la perdita della biodiversità o al mistero dei pipistrelli poco studiati fino a pochi anni fa".
Paolini si augura che "si condivida con qualcuno la visione del programma, in modo che ci sia la possibilità di parlarne. Per agire serve la consapevolezza insieme all'entusiasmo". Gli esseri umani altre volte "hanno compiuto rivoluzioni culturali in tempi brevissimi ma quasi sempre in direzione egoistica. Ora però forse stiamo capendo che il soggetto del futuro sono dei noi".
Di Anna Bandettini
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