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“La fabbrica del mondo”, Marco Paolini racconta il pianeta su Rai3

Rifare le cose con le parole è un’impresa. Marco Paolini ci prova ancora una volta, per raccontare non il passato, ma il presente del nostro pianeta, con una serie originale in tre puntate: La Fabbrica del mondo in onda da sabato 8 gennaio in prima serata su Rai3. La trasmissione, ideata e condotta assieme allo scienziato evoluzionista Telmo Pievani, unisce la narrazione teatrale con il pubblico presente, alla divulgazione scientifica, al racconto cinematografico, alle conversazioni con voci autorevoli della scienza, dell’economia, della letteratura che denunciano il disastro verso il quale siamo lanciati, restando però inascoltate. Partendo dai temi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, Paolini e Pievani snodano la narrazione come fosse la costruzione di una cattedrale che non saremo noi a vedere, ma i nostri pronipoti. Che cosa fece Gaudì con la “Sagrada Familia”?  Sapeva che le dimensioni dell’impresa andavano oltre la sua vita. Quel che conta è che, anche se non ha finito, è riuscito a farne vedere il disegno. Il racconto si svolge all’interno una grande fabbrica, stratificata per epoca e mutamenti, un luogo che diventa metafora di un mondo che fabbrica sé stesso. Paolini e Pievani partono dalla nascita del pensiero ecologico e indagano il confine tra naturale e artificiale – una distinzione che oggi non regge più perché l’incontaminato è un mito – per parlare di un pianeta dove nel 2020 il peso di ciò che l’uomo nel tempo ha costruito ha superato quello della biomassa, di tutte le forme di vita. Il dialogo tra Paolini e Pievani si arricchisce di incontri con grandi pensatori, noti o meno conosciuti, con i quali dare forma con le parole alla “cattedrale”: scrittori come Noam Chomsky, Andri Snaer Magnason  e Daniele Zovi, saggisti come David Quammen e Loretta Napoleoni, scienziati come Naomi Oreskes, Barbara Mazzolai,  Laura Airoldi e Mariella Rasotto, economisti come Mariana Mazzucato, giornalisti come Paolo Capelli, esploratori come Alex Bellini. La Fabbrica si dilata, uscendo dalle mura dell’enorme costruzione: gli incontri avvengono in luoghi simbolo del disastro a cui andiamo incontro come l’altipiano di Asiago, dove nel 2019 la tempesta Vaia ha abbattuto un milione di alberi in pochissimi minuti, un disastro naturale che si origina da un errore umano, o in riva al mare, nel golfo di Trieste sferzato dalle raffiche di un giorno di bora. La Fabbrica del mondo, che per millenni ha garantito la sopravvivenza dell’essere umano, ora si è inceppata, tocca fare una gran manutenzione per ripararla, per salvare quel presente che lentamente si disfà sotto i nostri occhi e immaginare un’idea di futuro che non sia la ripetizione del presente. E allora il racconto si snoda anche attraverso incontri surreali come quello con Noè, il manutentore senza età della Fabbrica del mondo che vive da sempre nei suoi sotterranei accostando conoscenza umana nelle sue varie forme.  Noè è il burbero attuatore degli Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, accompagnato da Gaia, altro personaggio fantastico che lo richiama ai suoi doveri e lo spinge a buttare il cuore oltre l’ostacolo. Il racconto è scandito anche da momenti di teatro con i corvi meccatronici di Marta Cuscunà che, come un coro nel teatro greco, osservano e commentano.Domande, storie, testimonianze per raccontare il mondo contemporaneo su temi come l’energia, la crisi ambientale, il saccheggio delle risorse naturali e il cambiamento climatico, l’evoluzione della specie e delle tecnologie. Fili e trame per comprendere quanto siano strettamente correlate l’immagine della foresta amazzonica depredata e quella di una vita umana appesa a un respiratore di una moderna terapia intensiva. La fabbrica del mondo è un programma di Marco Paolini e Telmo Pievani, produzione Jolefilm, regia Marco Segato e Fabio Calvi.

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