PERUGIA — Come planare nell'attualità o meglio in quegli interrogativi sconvolgenti che fanno parte della collettività. Qualcuno cerca di dimenticarli, altri li sollevano con un impegno civile che assume stavolta la forma piena dell'arte. Marco Paolini dopo la denuncia del disastro del Vajont torna (stasera alle 21) alla sala dei Notari a raccontare la strage di Ustica, quel maledetto 27 giugno di ventidue anni fa, quell'aereo abbattuto, quelle vittime innocenti su cui si è scatenata la bagarre dell'ignoto. Chi è stato, si è trattato di un errore, il velivolo s'è trovato in mezzo a un duello a suon di missili? Interrogativi e verità che non sono state svelate se non in misura infinitesimale. Così Paolini narra questa storia tragica su un suggerimento di Daria Bonfietti per conto dell'associazione dei familiari delle vittime del disastro. E' stato un impegno lungo e duro, di ricerca delle fonti e di selezione durato un anno intero. «Mi sono messo al lavoro — spiega Paolini — con Daniele Del Giudice e Giovanna Marini, a fianco di chi aveva vissuto le vicenda, giornalisti, periti, consulenti. Una mole enorme di dati, quelli della sentenza istruttoria del giudice Priore. Difficoltà intuibili, ma tanta voglia di trarre un succo. Da qui è nato il copione».
No, Paolini non dà risposte, ma ricostruisce indizi, registrazioni, tracce in un mosaico senza fine che ha il valore della classicità, il confronto impossibile con il potere, l'assenza della giustizia, i morti insepolti.
«Dopo la registrazione su Rai Due e la videocassetta registrata assieme a un quaderno che contiene l'esperienza mia e di Del Giudice — sottolinea Paolini — ho sentito l'esigenza di tornare all'origine. Di stare con il pubblico, di parlare in maniera poco teatrale. Parto dal copione di Canto per Ustica, cambio le parole, sera dopo sera uso lo spazio come un'aula e seguo lo snodarsi del fatto in un'altra aula, quella del tribunale di Roma, dove la storia viene ancora radiografata, indagata e contestata agli imputati».
I Tigi. Storia per Ustica appartiene a buon diritto alle grandi opere della nostra civiltà. Paolini è l'aedo che parla, presenta, s'infiamma, coinvolge. Sullo sfondo il sangue di tanti innocenti, d'intorno il pubblico che comprende, ammutolisce ed è rapito da una dichiarazione disperata.
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