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La Provincia Pavese – De Sica, attore di fascino e di coraggio

"Vivere" racconta la caduta del nazismo attraverso la sua storia

Su RaiDue alle 23.30 un programma di Franco Bernini che si avvale della narrazione di Marco Paolini

ROMA. Sarà proposto da Palcoscenico stasera su Raidue alle 23.30: si tratta di "Vivere", un originale programma scritto e diretto da Franco Bernini, che si avvale della narrazione di Marco Paolini, affiancato da Tony Bertorelli. Presentato con successo alla mostra di Venezia, costruito con materiale di repertorio e girato in digitale,"Vivere" è un' operazione sulla memoria storica.

E' la ricostruzione, in un arco di tempo che va dal 1943 al 1944, della caduta del fascismo, della persecuzione nazista, dello sbarco alleato, dello sbandamento conseguente all'armistizio, attraverso l'iter di uno degli attori più celebri ed amati di quegli anni: Vittorio De Sica. Interprete e regista di commedie prevalentemente brillanti, Vittorio De Sica era stato, sino ad allora, apprezzato soprattutto per la sua eleganza e il suo fascino, quasi che questa grazia e leggerezza nascondessero un nulla e un vuoto. "Vivere" dimostra il contrario: la leggerezza rivela un impegno umano e civile opportunamente nascosto dietro il sorriso da conquistatore.

Un giorno De Sica venne prelevato da una pattuglia tedesca e condotto dal comandante in capo, il quale gli comunicò l'ordine di Goebbels: l'attore si sarebbe dovuto recare immediatamente a Venezia per contribuire alla rinascita del glorioso cinema italico. De Sica era alla ricerca di un pretesto per non allontanarsi da Roma, anche perchè lì trattenuto dall'amore per Maria Mercader (sua futura moglie). L'occasione arrivò sotto forma di un film, offerto proprio a Maria per la cui regia lei impose la presenza di De Sica. Nato con la collaborazione del Vaticano, il film - che raccontava di un pellegrinaggio al santuario di Loreto da parte di un gruppo di persone in attesa di un miracolo - vide tra le altre cose la nascita della collaborazione tra Zavattini e De Sica, collaborazione che regalerà film memorabili al cinema italiano. Il regista, inventando infiniti contrattempi, procrastinò le riprese fino allo sfinimento, mentre intorno al film si radunavano persone bisognose e in pericolo, per le quali De Sica cercò in ogni modo di trovare una soluzione. La basilica di San Paolo Fuori le Mura, dove si girava la seconda parte del film, divenne un rifugio da cui si usciva il meno possibile per evitare coprifuoco, rastrellamenti e bombardamenti. De Sica si scontrò spesso con le comparse (tra le quali si nascondevano alcuni ebrei destinati alla deportazione), per costringerle a recitare e ad aver rispetto del luogo sacro: i confessionali, infatti, si erano trasformati in alcove e gabinetti. Nella basilica De Sica ricevette la visita del cardinale Montini, futuro papa Paolo VI, e quella di un alto ufficiale nazista, venuto a cercare ebrei forse dopo qualche soffiata. A lui Vittorio De Sica tenne testa appellandosi alla extraterritorialità del luogo sacro. Si continuò a girare, giorno dopo giorno, aspettando l'avanzata degli alleati, fino alla liberazione di Roma. E si brindò allo scampato pericolo e, inutile dirlo, alla fine del film.

"La porta del cielo" sarebbe uscito nel 1945. Christian De Sica, figlio di Vittorio, sta girando in questi giorni un remake di quel film, dal medesimo titolo, in cui interpreta naturalmente il ruolo che fu del padre. «E' un modo per raccontare il mio genitore - ha dichiarato ai giornalisti -: in un Paese che dimentica facilmente, qualsiasi cosa si faccia per evitarlo è per me una gioia».

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