Il vero Capodanno tv, per quelli di buona volontà, lo ha recitato la sera di giovedì il buon Marco Paolini, regalando a La7 e al pubblico di riferimento (più di un milione, con punte di un milione e 600mila spettatori) le due ore di “La macchina del capo”. In diretta da Padova, senza mediazioni e senza pubblicità: nulla di sovrumano, il testo in scena era soprattutto materiale antico della saga di pianura veneta propria dell'attore-autore. Il quale nell'occasione si faceva beffe di quanti dileggiano la questione cruciale della memoria personale, come se fosse possibile banalizzarla a mero esercizio nostalgico. Soprattutto perla sua generazione, oggi cinquantenne, perduta quanto si vuole ma dotata di uno know-how eccellente in fatto di ricordi. A meno di non pensare che negli ultimi dieci o vent'anni ci sia stato qualcosa di equivalente da tenere a mente. Con il recital di Paolini (e per le musiche Lorenzo Monguzzi dei Mercanti di Liquore) la tv ha festeggiato il suo periodo rinfrancante, quello in cui ci si abbandonava a film e repliche senza pretese, o si correva felici allo scaffale dei dvd.
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