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La Repubblica – Paolini: " Schiavi di Borsa e oroscopi vi racconto i nuovi miserabili"

MILANO - Ci ha fatto provare emozioni antiche come l'indignazione e la rabbia ai tempi del Vajont, e poi con Storie di plastica, Il Milione... Ma anche per uno come Marco Paolini non c'è scampo. «Lo so anch'io cosa dicono in giro: Paolini fa sempre quello, Paolini racconta... Ma va bene cosi'. Il teatro narrazione non l'ho mica inventato io. lo ho solo guardato Fo e, continuando sulla sua strada, ho cercato di non fare Fo. Semmai la questione per me è un ' altra, come combattere la vecchiezza, ,non la vecchiaia che rispetto, ma la vecchiezza, l'inaridirsi; il diventare genere, etichetta».
Per questo, anzi contro questo, Paolini sta lavorando da mesi. Un racconto-ballata, una cosa nuova fatta di monologhi e canzoni che intreccia lo stile dei suoi vecchi Album, l'autobiografia collettiva attraverso le imprese di Nicola (alterego paoliniano, anche lui bellunese del '51) con il suo più recente teatro musicale insieme ai Mercanti di Liquore , il gruppo folk rocklombardo.II lavoro si chiama Miserabili, «spettacolo global», dice scherzando Paolini, perché parla dell'italia dagli anni 80 a oggi, dunque di mercati, liberismo, promesse mancate. L'attore lo porta in giro (debutto al Piccolo Teatro di Milano dal 27 febbraio, poi a Mestre dal 12 aprile e a Genova dal 17 aprile) alternandolo con ll Sergente (da domani a Roma al Teatro Argentina, dal 29 marzo allo Storchi di Modena) tratto dal "Sergente nella neve" di Mario Rigoni Stern, «ll mio spettacolo più stroncato».
Ma anche felicemente ricompensato dal pubblico.
«Forse perché è molto cambiato. Ho imparato dalle critiche. Mi sono reso conto, per esempio, che la lingua di Rigoni Stem non funzionava a teatro; l'ho sostituita con l'oralità. Adesso sono contento: ll Sergente è un'altra cosa. Arriva di piu' la disumanita' della guerrra. Non è stato un lavoro facile; l'ho fatto mentre preparavo Miserabili con i Mercanti, con Michela Signori e Andrea Bajani l'autore di libri sul precariato che ha collaborato con noi ai testi».
Chi sono i Miserabili?
«Storicamente sono quelli di Victor Hugo, persone ai margini della società. I sottoproletari di Marx. Marx e Hugo parlavano di qualcosa che avevano entrambi sotto gli occhi, masse povere migranti verso la città col sogno di un riscatto».
E oggi?
«Quello che abbiamo davanti non è una cosa tanto diversa. Perfino il liberismo economico e' lo stesso. Solo che oggi e' peggio. Lo scompenso tra ricchi e poeri e' piu' accellerato ed e' molto piu' lontana la redistribuzione. Risulta peggiore perfino il clima sociale. Se allora c'era la Belle Epoque, oggi c'e' la borsa e l'oroscopo. Il destino. E un calcio in culo all'idea di realta' condivisa. C'e' l'individuo e nessuno parla piu' di opportunita' collettive, E' la profezia Thatcher. "
Che c'entra la Thatcher?
"Lei diceva non esiste la societa', esistono uomini, donne, famiglie. Per questo la Thatcher mi e' sembrata il miglior interlocutore a cui il mio Nicola in scena puo' porre delle domande per capire. La Thatcher ha imposto il mercato, l'individuo e il pensiero delle croccette".
Cos'e'?
"Una volta i gatti mangiavano carne, pane, riso. A un certo punto in America pubblicizzano le crocchette. Dopo qualche anno lo stesso fanno i gatti italiani, francesi, tedeschi...E il pensiero unico delle crocchette."
Dunque i miserabili siamo noi?
"Misero non e' il povero ma chi consegna la propria vita. La miseria di cui parlo e' quella antropologica, uomini rassegnati al destino, uomini - consumatori. Una societa' di consumatori e' miserabilie".
Ci sara' uno spiraglio d'aria prima o poi?
"Non vogli ofare anch'io crocchette. Posso solo dire che per documentarmi allo spettcolo ho visto l'Italia dove si praticano le alternative. Le cooperative della Locride, di Lecce...Esperienze che ci indicano la strada di come ci si possa sottrarre a un destino, forme per immaginare il futuro a cui la politica dovrebbe guardare. Se la politica fosse, come dice Cacciari, non far sentire il prossimo solo.".
Uno spettacolo tosto il suo.
"In scena i ragionamenti diventano canzoni. Il modello Gaber che citiamo con un omaggio: una delle sue canzoni La Liberta', perche' ci ricorda che la liberta' non e' star sopra un albero ma rimboccarsi le maniche. "

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