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La scatola delle idee – Ballata di uomini e cani

Grande successo per Marco Paolini, che sabato 11 gennaio ha calcato il palco del teatro Creberg di Bergamo con il suo ultimo lavoro “Ballata di uomini e cani”, un omaggio allo scrittore Jack London e alle storie del grande nord. Grazie all’accompagnamento musicale di Lorenzo MonguzziAngelo Baselli e Gianluca Casadei, l’attore trasporta il pubblico nel vivo del racconto con tre storie che hanno per protagonisti gli esploratori del Klondike alla ricerca dell’oro e i loro cani. La prima avventura ha per protagonista un giovane esploratore, che, insieme al resto della truppa, decide di acquistare un cane da slitta di nome Macchia. Scoprendo però che il cane non è per niente intenzionato a trascinare la slitta e a faticare come gli altri compagni a quattro zampe, decide di sbarazzarsene in ogni modo, prima tentando di ucciderlo ma senza riuscirci e poi vendendolo per pochi dollari. Macchia, però, riesce sempre a tornare dal suo padrone, per nulla intenzionato ad abbondare un posto caldo e cibo in abbondanza.

Mentre la prima storia analizza il rapporto di fedeltà che lega il cane al suo padrone, la seconda analizza invece il sentimento di odio tra uno zingaro francese e il suo cane da slitta. Un sentimento di ostilità sembra correre tra i due fin dalla prima volta in cui si incontrano. Il padrone cresce il cane a suon di bastonate e lo soprannomina ‘Bastard’, Bastardo. Il cane, per vendicarsi delle sevizie del padrone, un giorno cerca di azzannarlo alla gola e scatta così una lotta quasi mortale tra i due che continuerà negli anni a seguire, come a voler rappresentare l’eterna lotta tra l’ uomo e la natura.

La terza e ultima storia ha per protagonista un uomo in esplorazione del grande nord. Mentre cammina per i boschi si imbatte in un cane, che con una certa indifferenza si mette a passeggiare al suo fianco. A un certo punto, però, il clima comincia a farsi più rigido, la temperatura in luoghi inospitali come le montagne del Klondike, in inverno arriva anche a meno sessanta gradi. Il ghiaccio si rompe, l’uomo cade con una gamba nell’acqua e per non morire congelato è costretto ad accendere il fuoco, ma, sfilati i guanti per prendere i fiammiferi, le mani si congelano, non scorre più il sangue nelle vene e a nulla servono i suoi sforzi per accendere i fiammiferi e dare fuoco la legna che è riuscito a raccogliere. I fiammiferi gli cadono di mano, cerca di correre ma i suoi tentativi sono vani. L’unica possibilità che ha per sopravvivere è accoltellare il cane per riscaldarsi con la sua pelliccia. Il cane, però, intuendo l’intenzione dell’uomo, si allontana per salvarsi, lasciando l’esploratore al suo triste destino. Questa terza storia sembra invece rappresentare il sentimento di indifferenza della natura nei confronti dell’uomo.

Paolini riesce a trasmettere al suo pubblico tutta la forza e la magia del racconto orale, facendoci vivere la storia come se l’avessimo davanti agli occhi e lasciando tutti di stucco con un colpo di scena finale, quando rivela che nei tre racconti il punto di vista espresso era quello del cane e non del padrone. Paolini riesce in definitiva a restituirci appieno l’immaginario di Jack London, uno scrittore capace di farci sognare con il mito della corsa all’oro e di commuoverci con storie come “Zanna Bianca” e “Il richiamo della foresta”. Storie che entrano a far parte del nostro immaginario collettivo, andando ad alimentare il mito del difficile rapporto tra l’uomo e la natura.

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