Nell'arco di tre giornate passate assieme, Marco Paolini, in una baita tra i boschi silenziosi dell'altopiano di Asiago, filmato da Carlo Mazzacurati ha raccolto i ricordi di Mario Rigoni Stern, - Fandango, film in Dvd+libro, 20 euro) - conquistandone la confidenza per restituirne la vicenda, dalla guerra in Russia sul Don alla prigionia in un lager, il ritorno a casa e la necessità di un recupero delle radici, di una riscoperta del proprio mondo a contatto e in armonia con la natura, con le sue stagioni, che sono anche metafora esistenziale. E 'Le stagioni' (Einaudi, pp. 140 - 10,80 Euro) si intitola l'ultimo libro dello scrittore, che sta per compiere 86 anni, piccola summa del suo mondo e della sua poetica, racconto dei e sui ritmi della natura e delle storie degli uomini. Una scrittura di cui bisogna accettare il ritmo, il passo, come per una camminata in montagna, (e di camminare si parla spesso in queste pagine) per coglierne la dimensione non superficiale, quella poesia sottile che corrisponde all'armonia possibile della vita, che non vuol dire felicità, ma serenità nell'accettarla e conoscerla, col suo bene e il suo male,
«Sono nato alle soglie dell'inverno, in montagna, e la neve ha accompagnato la mia vita», racconta sin dalla prima frase di questa autobiografia in piedi, in cui passato e presente si confrontano. E la neve è quella che appare in tutti i ricordi significativi della sua vita. Quindi, tra le note e parole di una canzone che tornano alla memoria, ecco l'osservazione attuale e poi il suo «basta» quasi indignato per le lamentele sul freddo di chi vive in case surriscaldate, non fa movimento e si veste leggero per moda: «Ma quando vedo un magrebbino spalare la neve senza cappotto, o uno slavo lavorare da muratore su un'impalcatura tra la neve che cade, o un nero che cerca un poco di caldo nella sala d'aspetto di una stazione, allora penso che per loro è davvero freddo»,
Come spiega a Paolini alla fine del film di Mazzacurati, lui non è mai stato un imboscato della vita, come sono quelli che parlano ma non si espongono, quelli che demandano a altri ciò che dovrebbero fare loro. Un libro non nostalgico, ma comunque venato di una quieta malinconia, passando tra alberi che chiama per nome e animali di cui conosce le abitudini e i richiami, ricordando un'epoca diversa, prima di quella maledetta guerra: «Erano belle le sere estive con la luna sopra i tetti. Mi pareva di sentire le stelle e invece erano i grilli sopra i prati, quando il rapporto tra uomini e stagioni erano ancora stretti, conseguenti, Quando la primavera arrivava a sconvolgerti e conquistarti sin dai primi labili segnali.
Un libro che ci porta in una dimensione che pare perduta, quella che magari alcuni tentano vanamente di inseguire e e riconquistare per qualche giorno durante le vacanze, e che forse per questo ci sembra abbia un tono quasi fiabesco, tra brume, colori, piogge, luci, tra alpini silenziosi che obbediscono agli ordini e si riconoscono nella dimensione contadine dei russi che in¬contrano nelle isbe, Insomma un libro apparentemente idillico, ma che non dimentica e non ci permette di dimenticare quale sia la realtà, cosa sia stata la nostra storia, perchè l'amore per la natura è anche amore perla memoria.
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