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La Stampa – “Faremo cantare Verdi in coro agli italiani”

«Sarà, anche, come una riunione conviviale, quando si canta tutti assieme. Perché il popolo italiano è ancora capace di cantare qualche sua melodia, qualche verso di un suo coro. E questo succede solo con lui... E con i Beatles». «Non lo so, non sarei ottimista come Mario. Forse ne sono capaci le persone che leggono libri, che vanno a teatro, all’opera. Ma non credo che i ragazzi da Internet scarichino musica di Verdi, o che le persone che si nutrono di tv» lo conoscano bene. Comunque, noi speriamo di farne aumentare il numero». Marco Paolini e Mario Brunello, artisti e amici, insieme hanno pensato una nuova azione teatrale fatta di parole e musica, di memoria e di attualità. E naturalmente di canto.

Nell’anno in cui si celebra il bicentenario della nascita del maestro di Busseto, Verdi, narrar cantandoappare come una delle proposte più originali e coinvolgenti. Per l’autorevolezza degli autori, per la volontà di coinvolgere attivamente il pubblico, per la prospettiva dominante dello spettacolo, che debutta in prima assoluta al Teatro Regio giovedì 14, con repliche il 15 e il 16, avvio di una tournée tutta italiana lunga più di un mese. Inizio alle 20,30, mentre alle 18,30 è prevista una gratuita «lezione di canto» per formare, dal pubblico, il coro popolare indispensabile alla riuscita.

In scena, tre strumenti: il violoncello di Brunello, un pianoforte e un armonium, suonati da Stefano Nanni. «Col mio strumento farò tutte le voci: soprano, mezzo, tenore, baritono, basso. Ma a cantare sarà il pubblico. Abbiamo scelto arie da Rigoletto, Trovatore e Traviata: una più bella dell’altra, ancora capaci, anche quando la melodia è semplice, di dare i brividi, di parlare delle passioni e dei problemi di tutti», dice il violoncellista. E niente musica registrata - «no, nemmeno la divina Callas» - ma soltanto interventi corali dal vivo.

Dalla «trilogia popolare» si passerà ad Otello, i cui quattro atti costituiscono il filo rosso dello spettacolo. Sono trascorsi trenta anni e Verdi non è più lo stesso: «E’ diventato un musicista che, attraverso anche un periodo di crisi, di riflessione profonda, è profondamente cambiato: rompe il meccanismo consueto di aria e recitativo per una musica in continua evoluzione, con delle soluzioni nuove, soprattutto armoniche».

Una scelta precisa: non il Verdi degli «anni di galera», dei cori patriottici, ma l’autore della piena maturità e della vecchiaia, quando stupisce tutti proprio per questa capacità di rinnovarsi, di reagire, da gigante, alle critiche che gli rimproveravano di essere ormai superato. D’altra parte, precisa Paolini, «questa non è un’antologia verdiana, ma la scelta di uno spettacolo centrato sulla sua grandezza di uomo di teatro. Leggerò, quasi alla lettera, dei versi dai libretti, andrò per buona parte a memoria seguendo il copione, anche se ci saranno dei momenti di improvvisazione»: è l’arte antica e vivissima dell’affabulazione capace di coinvolgere, che l’autore di Vajont ha dato tante volte prova di possedere. Un altro aspetto della personalità di Verdi affascina Paolini: «Il suo essere anfibio. La vita nel mondo dello spettacolo e della cultura è concreta, dura, usurante. Verdi, quando smetteva di comporre, aveva, come una preziosa valvola di sfogo, l’amore per la sua terra: lui, figlio di un oste, diventa un agrario, un concretissimo proprietario terriero».

Gli piacerebbe l’Italia di oggi? «Avrebbe lo stesso spirito combattivo per tentare di risolvere qualcosa. Ma andrebbe a sbattere contro un muro di gomma, oggi come allora», risponde Brunello. Paolini guarda la questione del rapporto tra Verdi, il Risorgimento, la politica, da un diverso punto di vista: «Tolstoi diceva che chi non è anarchico a 20 anni, è ‘mona’. Poi però gli entusiasmi si intiepidiscono e si diventa conservatori. Credo che Verdi abbia fatto un percorso simile, ma non è questo che soprattutto mi interessa». E’ la concezione teatrale verdiana che appassiona l’attore: «Non ci lascia degli scritti teorici, ma sparse nelle sue lettere, negli appunti a margine dei libretti e delle partiture ci sono delle precise indicazioni di regia, che riguardano l’insieme degli elementi dello spettacolo. Tutto, anche il più piccolo dettaglio, deve essere assoggettato al dramma, a cominciare dai cantanti. Non li vuole solo capaci di cantare, pretende che siano interpreti, che diventino attori e questo ai suoi tempi, soprattutto nell’Italia del “bel canto”, è stata un’autentica, modernissima rivoluzione. Inoltre, l’incontro con il teatro di Shakespeare gli ha dato ulteriori stimoli». Sempre viva Verdi, allora? «Viva, viva!», rispondono i due autori come in un brindisi, canticchiando quello famoso e terribile dell’ Otello.

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