A sentire quello che dice nello spettacolo «ITIS Galileo», a dare il via a tutto è stato un amico che lo ha sfidato a mettere in scena i «Dialoghi sopra i due massimi sistemi del mondo» di Galileo Galilei, opera scritta dallo scienziato per diffondere e difendere in modo non troppo pericoloso per sé l’eretica teoria astronomica copernicana di contro a quella tolemaica “ufficiale”.
Erano anni grami, a cavallo tra fine 500 e prima metà del 600. Pensare era attività da evitarsi, il rischio essendo quello di incorrere nei “dossieraggi” della Chiesa, sempre pronta a gridare all’eresia e a imporre o umilianti abiure o ben peggiori condanne di fronte a idee troppo innovative.
Non a caso: Galileo venne dopo lo scisma luterano e fu coevo di Giordano Bruno, che per non avere rinnegato se stesso fu arso vivo.
Questo - a grandi linee - il contesto in cui ci immerge Marco Paolini. Molto grandi linee in realtà, perché l’attore da qui muove per fare un discorso ad amplissimo spettro: divulgazione scientifica (come avremmo amato fisica e matematica con un docente così!), approfondimento storico, riflessione filosofica. Il passato come chiave per accedere al presente: gli italiani di oggi figli di avi che, per sopravvivere, praticarono la menzogna e la dissimulazione, che furono pavidi e avidi (e tale fu anche Galileo, da come lo racconta Paolini). Ma questo fu talora anche il solo modo che ebbero per sopravvivere e alla fine affermare un pensiero libero. Difesa della prudenza e di chi non si arrende, quindi, e che anche guardato a vista, come Galileo negli ultimi anni della sua vita, non rinuncia: la resistenza del pensiero.
Lieto fine: Galileo quasi ottantenne riuscì a far pubblicare in Olanda l’ultima e definitiva sua opera (trafugata sotto gli occhi delle spie papaline da un ambasciatore veneziano), vincendo la guerra con la Storia.
Invita insomma a una rivoluzione silenziosa che riguarda tutti noi, non solo i massimi sistemi. Concetti in apparenza ponderosi che Paolini rende leggeri come un sorriso: il passato è letto con ironia, infarcito di punzecchiature al presente, politica e costume, annotazioni a margine che strappano la risata. Continuo il gioco semantico del nuovo che contamina l’antico, l’alto che si fa basso (c’è anche spazio per una citazione di Amleto in lingua madre: il veneto). La scommessa con l’amico, non facile, è vinta. Per sapere esattamente come, non resta che andare a vedere «ITIS Galileo» in scena al Piccolo. Ne vale assolutamente la pena, credete.
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