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La Voce del Popolo – Marco Paolini e il teatro come strumento

Nel brano andato in scena al TNC «Ivan de Zajc» di Fiume la narrazione sposa la didattica, la critica sociale e il pensiero sulla contemporaneità

di Oretta Bressan

 

Il pubblico del Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume ha avuto la fortuna di vedere in scena uno dei più grandi artisti del teatro italiano contemporaneo: Marco Paolini, attore, drammaturgo e regista, tra i più noti esponenti del teatro di narrazione in Italia, ha presentato “Sani! Teatro fra parentesi”, realizzato dalla sua casa di produzione Jolefilm (la produttrice è Michela Signori), con la partecipazione dell’attrice e cantautrice Saba Anglana e del musicista Lorenzo Monguzzi, autori e interpreti delle musiche utilizzate nello spettacolo. L’evento è stato organizzato dall’IIC di Zagabria in collaborazione con il Consolato generale d’Italia a Fiume. In “Sani! Teatro fra parentesi”, Marco Paolini porta in scena la narrazione di una serie di eventi realmente accaduti, combinandoli talvolta a risultati di ricerche scientifiche ed episodi della propria vita. Sono storie che raccontano, ciascuna a modo suo, delle crisi e, soprattutto, la capacità dell’uomo – a volte sfruttata, altre volte sprecata – di influirne sull’andamento. Uno spettacolo in cui la narrazione sposa la didattica, la critica sociale e il pensiero sulla contemporaneità.

«Far vedere il disegno della cattedrale»
I racconti che trovano spazio nello spettacolo di Paolini, a parte la comune caratteristica di contenere delle immagini flagranti di crisi grandi e (all’apparenza) piccole, sono privi di legami spazio-temporali o di un fil rouge facilmente individuabile. Tuttavia, la loro disposizione all’interno della cornice drammaturgica sembra tutt’altro che casuale. La drammaturgia di “Sani! Teatro tra parentesi” viene, infatti, articolata in una struttura solo apparentemente libera. L’ordine e la maniera in cui le storie vengono presentate appaiono soggette a una cornice prestabilita, tesa a creare una narrazione altra, che non è la mera somma dei racconti che ne fanno parte, bensì si presenta come il prodotto di quella particolare combinazione di storie, al punto che modificandone l’ordine cambierebbe il messaggio e il significato della narrazione onnicomprensiva così intesa. La chiave di lettura di una tale concezione è quella che emerge dal racconto incentrato sulla storia della costruzione, tuttora in corso, della basilica della Sagrada Familia a Barcellona e della sua ideazione da parte dell’architetto catalano Antoni Gaudí. È proprio nella metafora del “far vedere il disegno della cattedrale ai ciechi” che viene racchiuso il punto di partenza di “Sani! Teatro fra parentesi” e del suo scopo ultimo.

L’attore come mediatore
Nello spettacolo di Paolini, il ruolo dell’attore supera la funzione della voce narrante, posizionando l’interprete come un mediatore, un prisma degli eventi del mondo. Agendo in questo modo, Paolini sfrutta la posizione privilegiata (ma fin troppo trascurata) dell’attore in scena, ovvero quella di avere in mano, almeno per un breve istante, l’attenzione della platea, intenzionata a prendere parte attiva – seppur in misura diversa a seconda dei casi – a quanto accade sul palco. In “Sani! Teatro fra parentesi” è Paolini, insieme a Saba Anglana e Lorenzo Monguzzi, che disegna, in sordina, la “cattedrale” che siamo incapaci di vedere, per poi presentarcene l’immagine. È l’immagine di un mondo imperfetto, crudele e rovinato, di cui però, per quanto ci proviamo, non possiamo fare a meno. Ed è forse proprio nel “far vedere il disegno della cattedrale ai ciechi” che va rintracciata la via d’uscita dalla crisi, è forse lì che va ricercata la giusta spinta per agire (o meglio dire, la scottante necessità di farlo). Con Paolini, l’arte teatrale rifiuta di porsi come fine ultimo della percezione dello spettatore, bensì si eleva a strumento, a via di mezzo tra la platea, la comunità e la realtà che, quasi inspiegabilmente, riusciamo a ignorare.

Un susseguirsi di racconti
Va sottolineato, però, che quella contenuta in “Sani! Teatro fra parentesi” non è una semplice trasposizione scenica di episodi estrapolati dalla storia e della contemporaneità, collettiva o individuale che sia. Sono i mezzi espressivi tipici della recitazione teatrale, il perfetto utilizzo della pausa, del ritmo e del volume della voce, quelli che permettono la comunicazione dell’immagine della “cattedrale”, il disegno della quale viene completato dalla cornice musicale di Anglana e Monguzzi. L’aspetto scenografico, consistente in un castello di carte di grandi dimensioni, mette in luce la precarietà della realtà come la conosciamo e, al contempo, della relatività della posizione dell’uomo al suo interno. È vero che quello del teatro non è l’unico mezzo per rompere il velo che cela la realtà, ma Paolini non si fa sfuggire l’occasione per dimostrarne l’efficacia. “Sani! Teatro fra parentesi” è uno spettacolo basato su una struttura drammaturgica che si articola in diversi livelli, in cui il susseguirsi dei racconti che ne fanno parte crea, tassello per tassello, la “cattedrale” di fronte alla quale siamo rimasti ostinatamente ciechi. Una cattedrale distrutta, ostacolata e ancora incompleta, una cattedrale che però, forse, può essere riparata, scolpita e perfezionata dai posteri, un po’ come la Sagrada Familia di Gaudí. Il pubblico della serata ha riconosciuto la bravura degli autori e interpreti dello spettacolo, premiando l’ensemble con forti applausi e ovazioni.

 

Marco Paolini e il teatro come strumento

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