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L’UNITA’ – Marx sfida la Thatcher, a teatro

A Milano con "I miserabili - Io e Margaret Thatcher" Paolini ci narra di chi subisce i gusti della societa' mercantile. Allora ascoltate la risposta che viene da Roma, dove "Potete spargere la voce: Marx e' tornato!"

Ma cosa c'entra Marco Paolini con Margaret Thatcher? Per capirlo bisogna andare a vedere "Miserabili - Io e Margaret Thatcher in scena al Teatro Strehler. In palcoscenico, infatti, sostenuto, avvolto dalla musica dei Mercanti di Liquore, l complesso musicale che lo affianca, il narratore del nostro scontento e delle ingiustizie grandi e iccole che costellano questi nostri anni accidentati, ci racconta il mondo di quelli che fanno fatica a sbarcare il lunario ma che non hanno perso la speranza . Gente battuta; gente che si trova messa per la strada e incapace di rientrare nel mercato del lavoro; gente che affronta i sacrifici, magari con l'idea di fare studiare i figli; gente ch conosce la solidarieta' che sente forte l'appartenenza alla propria classe. Si', ma Margaret Thatcher? Ora l'idea di Paolini e' che proprio dall'azione della lady con le palle, della signora dei tories si sia propagata in tutta Europa, ma soprattutto in Italia, la deriva di una societa' mercantile , per nulla solidale, liquidatrice dello stato sociale. Come dire che forse Berlusconi non ci sarebbe stato se non ci fosse stato il tornado liberista di Mrs Thatcher, di cui ascoltiamo anche la voce registrata nel suo inglese ultra snob. Insomma basta poco ad essere miserabili che non vuol dire essere proletari per forza. Miserabile e' l'operaio che sa fare una sola cosa e non puo' più farla, miserabile e' chi cerca senza speranza un lavoro interinale, ma miserabile e' anche la manager rampante che ha rinunciato a tutto per la carriera, miserabili sono le guerre che si fanno, miserabile e' avere smarrito per strada, catturati da questa nostra societa' dei consumi un modo di essere che potremmo definire equo e solidale. "Miserabili" ci ricorda nel titolo un celebre romanzo di Victor Hugo citato come simbolo di sfruttamento anche da Marx nel "Capitale". Paolini ne fa, sostenuto da quei formidabili musicisti che sono i Mercanti di Liquore, una ballata sociale che viene da lontano: dai bellissimi "Album" visti anche in televisione, dalle battaglie politiche e dai disastri epocali come il "Vajont" e come "Ustica" che ha contribuito a tirare fuori dal dimenticatoio. Lo fa alla sua maniera, naturalmente, raccontando con la voce e con il corpo, magari disperdendosi un po', regalandoci uno spettacolo sicuramente ipertrofico e ancora alla ricerca di un finale forte, andando avanti e indietro nella storia e nelle storie. Una vera e propria "dichiarazione" fra amore e dispetto verso l'Italia, bella donna che rischia troppo spesso di perdere la strada e che lui vuol richiamare sulla "retta via" lontana da quello che gli pare il male peggiore di oggi: la distruzione del sociale, la mancanza di qualsiasi condivisione, che è poi la vera erdita' di Margaret Thatcher.

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