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L’Unità – Paolini dialoga sui massimi sistemi

Inizia con «un minuto di rivoluzione» l’Itis Galileo di Marco Paolini: e in quei 60 secondi il pubblico urla, ride, fa strani versi… Ciascuno è libero di sfogarsi come meglio crede, commenta il mattatore veneto, che per «rivoluzione» intende il movimento che la Terra compie intorno al sole ad una velocità di 1800 chilometri al minuto… «Eh, quante corse devono fare i neutrini in quel tunnel scavato nel Gran Sasso prima di percorrere 1800 chilometri!» Il primo affondo è per il ministro Gelmini, d’altra parte come evitare una battuta sin troppo facile in uno spettacolo dedicato a Galileo Galilei?

Ma le incursioni nella politica in questi 140 minuti di monologo sono poche e sparse (per un attimo viene chiamato in causa Vendola…) perché Paolini punta tutto sulla vita dello scienziato pisano quel vecchio «nato con la barba…» che all’attore serve per poter mettere sul piatto l’eterna lotta tra ragione e superstizione, e naturalmente per avviare un Dialogho sopra i due massimi sistemi del mondo (tolemaico e copernicano), titolo del libro che nel 1632 costò a Galileo il processo e la condanna della Santa Inquisizione.

Un dialogo, dicevamo. È questo che stavolta tenta di fare Paolini, soprattutto nella prima parte (nella seconda lo spettacolo risente di una certa stanchezza): dialogare con il pubblico. Tanto da coinvolgerlo in prima persona: chiede in sala chi ha studiato al Classico, chi allo Scientifico e poi fa salire sul palco una persona del pubblico che ammette di non aver studiato proprio un bel niente. Aggiudicato. Sarà lui a salire e leggere alcuni stralci di Tolomeo…

STORIA DI UN SUCCESSO

Poi inizia il racconto vero e proprio della vita di Galileo: dagli anni universitari («quando disse che voleva studiare Matematica i suoi genitori reagirono come reagirebbero oggi i genitori di un ragazzo che vuole fare il Dams») alla cattedra nell’Università di Padova («Galileo è stato il primo precario della storia e per campare faceva gli oroscopi»), e poi su e giù da Pisa a Firenze, da Roma a Venezia, fino al successo dello scienziato che culmina con la scoperta del cannocchiale.

Nel frattempo popolano la narrazione tanti personaggi passati alla storia: Aristotele e Platone, Tolomeo e Copernico, Brahe e Keplero, Giordano Bruno e Shakespeare, al quale l’attore rende omaggio recitando dei versi dell’Amleto in dialetto veneto. È questo uno dei momenti più belli dello spettacolo, che poco dopo ci regala un’altra godibilissima perla: l’omaggio alla Commedia dell’arte attraverso un «duello» tra filosofi che non fanno altro che «menarsi filosoficamente».

Intanto il viaggio continua e il pubblico s’incammina nei meandri della scienza e della fisica, della letteratura e della magia, dell’arte e della matematica. Attenzione, però, a non perdersi tra i massimi sistemi.

Francesca De Sanctis

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