Ancora una volta Marco Paolini si immerge nel presente per raccontare di noi e di quello che potrebbe riservarci il futuro. E lo fa con gli strumenti che gli sono più congeniali: ovverosia quel teatro di narrazione che l’artista veneto ha saputo rinnovare costantemente, traendo da quel narrare forme sempre diverse di coinvolgimento del pubblico, non solo nei contenti ma anche nelle modalità del suo dire. La sua ultima sfida si intitola “La fabbrica del mondo”, una serie originale in tre puntate in onda da stasera alle 21.45 su Rai3. Una serie in cui Paolini ha chiamato affianco a sé lo scienziato evoluzionista Telmo Piovani, per un’indagine teatrale sul nostro pianeta, sulle condizioni di precarietà e pericolo in cui versa, incontrando scrittori come Noam Chomsky, Andri Snaer Magnason e Daniele Zovi, saggisti come David Quammen e Loretta Napoleoni, scienziati come Naomi Oreskes, Barbara Mazzolai, Laura Airoldi e Mariella Rasotto, economisti come Mariana Mazzucato, giornalisti come Paolo Capelli, esploratori come Alex Bellini.
Partendo dai temi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, Paolini e Pievani snodano la loro narrazione come fosse la costruzione di una cattedrale che non saremo noi a vedere, ma i nostri pronipoti. Il racconto si svolge all’interno una grande fabbrica, stratificata per epoca e mutamenti, un luogo che diventa metafora di un mondo che fabbrica sé stesso. «Siamo partiti - così i due autori - dalla nascita del pensiero ecologico e indaghiamo il confine tra naturale e artificiale - una distinzione che oggi non regge più perché l’incontaminato è un mito - per parlare di un pianeta dove nel 2020 il peso di ciò che l’uomo nel tempo ha costruito ha superato quello della biomassa, di tutte le forme di vita». Per questo lo spettatore viene portato dal racconto fuori dalle mura dell’enorme costruzione: gli incontri avvengono anche in luoghi simbolo del disastro a cui andiamo incontro come l’altipiano di Asiago, dove nel 2019 la tempesta Vaia ha abbattuto un milione di alberi in pochissimi minuti, un disastro naturale che si origina da un errore umano, o in riva al mare, nel golfo di Trieste sferzato dalle raffiche di un giorno di bora. «La Fabbrica del Mondo- dicono ancora Paolini e Pievani -, che per millenni ha garantito la sopravvivenza dell’essere umano, ora si è inceppata, tocca fare una gran manutenzione per ripararla, per salvare quel presente che lentamente si disfà sotto i nostri occhi e immaginare un’idea di futuro che non sia la ripetizione del presente». Oltre alle riflessioni, alle domande, alle testimonianze per fare il punto su temi come l‘energia, i virus, argomento della prima puntata, la crisi ambientale, il saccheggio delle risorse naturali e il cambiamento climatico. All’interno di ogni singola puntata si sviluppa una specie di “soap opera” che ha come protagonisti Noè e Gaia. A scandire il racconto, i corvi meccatronici di Marta Cuscunà già inquietanti e affascinanti interpreti del penultimo spettacolo dell’attrice monfalconese “Il canto della caduta”. —
di Mario Brandolin
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