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Marco Paolini sarà uno degli ospiti attesi il 4 luglio sul Monte Tomba nella giornata di apertura del festival “La giusta distanza”, di cui la Tribuna di Treviso è media partner. L’artista interverrà alle 19.30 per presentare lo “Studio per un racconto” inserito nel progetto Atlante delle rive, che narra l’Italia attraverso i distretti idrografici, i fiumi e le loro storie. Prenotazioni@teatrodelpane.it, oppure tel/whatsapp 3803842008.
Per Atlante delle Rive, al quale prende parte anche Mirko Artuso con il Teatro del Pane, vi state occupando insieme a tanti altri artisti della questione idrica. Che cosa ci può dire dello studio di un racconto che porterà al festival “La Giusta Distanza” ?
«Al festival La Giusta Distanza porterò alcuni materiali che fanno parte sia del percorso di Mar de Molada sia di quello nuovo che sto intraprendendo per raccontare ancora dei fiumi del Veneto. Sarà un filò, sarà una narrazione semplice, senza supporti scenici, come si addice allo stile di tutto il lavoro e il progetto de “La Giusta Distanza”».
Qual è il contributo che può portare il teatro e un festival come “La Giusta Distanza” alla questione? E qual è il contributo che può portare ciascuno di noi?
«Il nostro impegno può arrivare ai cittadini a condizione che non diamo per scontato che bastino delle belle parole: occorre indicare, accanto alle riflessioni, anche possibili soluzioni. Saranno divisive? Sicuramente, ma è proprio da una discussione su queste cose che il contributo individuale, la responsabilizzazione delle persone entra in gioco. Così come una volta il teatro era occasione per sospendere i conflitti e ritrovarsi in una dimensione pubblica, in qualche modo oggi, di nuovo, il teatro può essere un luogo di cittadinanza in cui si sospendono le beghe e si affrontano le discussioni cercando di superare quelle che sono le stratificazioni dei rancori, perché noi abbiamo bisogno di trovare delle soluzioni che siano ampiamente condivise. Non ci basta andare d’accordo con chi la pensa in modo simile a noi. Dovremo trovare compromessi con persone che la pensano in modo diverso. È chiaro che non ci riusciremo con tutti, non ci sarà mai unanimità, ma più è larga, più è umana, più è empatica la discussione, più facile sarà trovare soluzioni. In questo, il linguaggio universale dell’arte qualcosa può dare».
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