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Mescalina: Live report Marco Paolini “Boomers” – Villa Arconati

Il Festival di Vlla Arconati, splendida residenza alle porte di Milano, ha messo a segno un altro successo, con un tutto esaurito per il nuovo spettacolo di Marco Paolini, coadiuvato dalla cantautrice e interprete Patrizia Laquidara, con la consulenza drammaturgica di Simone Tempia. 
Il titolo, Boomers, suggerisce un'impostazione cronologica ben precisa, e potrebbe anticipare una rivisitazione passatista di un mondo ormai lontano, perso nelle nebbie di una provincia italiana, che Paolini ha ritratto così bene in Bestiario veneto e negli Album.
Invece, Paolini, che ha sempre fatto della dimensione del ricordo individuale, o della memoria collettiva, la propria cifra artistica, decide di modificare l'impostazione monologica del racconto, creando un dialogo intergenerazionale, fra un Padre e un Figlio, il primo preda della motion sickness in un mondo e in una logica che non riconosce più, il secondo alla ricerca curiosa di un passato tanto diverso dal presente che sta vivendo.
Torna quindi il bar della Jole, con i liquori e gli avventori, il té al latte e la TV che trasmette lo sbarco sulla Luna, ma diventa una safe zone di un metaverso stile Fortnite, che vede Paolini nei panni di un Dante in un oltremondo incomprensibile, e la voce del Figlio in quelli di un Virgilio ancorato alle certezze del linguaggio, anche etico oltre che mentale, dell'informatica.
Patrizia Laquidara presta la versatile voce e il fascino a una Jole fuori da ogni logica spazio temporale, come è giusto che sia nei videogiochi, e unisce cultura alta e popolare, molti jingles pubblicitari degli anni Settanta e rari riferimenti colti, rivisitando canzonette di Toto Cutugno e di Raffaella Carrà, quest'ultima cantata anche dal pubblico, nel bis, suddiviso in tre momenti collegati fra loro.
Nella safe zone in cui Paolini - Padre si trova, è possibile morire mille volte, la Jole mantiene intatti bellezza e candore, i tempi si confondono e si piegano, come negli orologi molli di Dalì, e si possono rievocare eventi cardine della nostra storia, non solo italiana, come il Sessantotto, la notte della Repubblica, la caduta delle Torri Gemelle e del ponte Morandi, con una leggerezza che non è superficialità.
Le prime repliche di uno spettacolo risentono sempre di qualche incertezza: alcuni monologhi di Paolini dovrebbero essere meglio condensati; la sua voce, nei duetti con Laquidara, non è sempre limpida; la presenza degli altri due pur bravi musicisti, Davide Pezzin e Davide Repele, è un po' evanescente; e scompaiono i riferimenti a Zanzotto, Meneghello, Caproni, che avevano caratterizzato Bestiario italiano, per essere sostituiti da Alan Sorrenti o Achille Togliani. Inoltre, i boomers digiuni del linguaggio della nuova generazione di videogiochi faticano a orientarsi nella narrazione, anche se Paolini prende spunto dall'incomunicabilità algoritmica fra generazioni per ricreare un ritmo diverso, in alcuni tra i momenti più divertenti della serata.
Resta comunque uno spettacolo valido, proprio per la sfida a costruire una nuova forma di racconto, lontano da retorici e nostalgici sentimentalismi, dalla conclusione aperta, problematica, nella quale sembra non risolvere nulla il canto collettivo "Siamo figli delle stelle...non ci perderemo mai per niente al mondo..."
Di Laura Bianchi

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