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Messaggero Veneto. Gli anni Ottanta di Marco Paolini: il solito incanto

Tra cronaca e memoria, tra le lucide e appassionate disanime di Vajont o TIGI racconto per Ustica o Parlamento Chimico e le storie minimali di Nicola e della sua formazione in quel nel nord-est non piu' agricolo ma gia' avviato a diventare motore dell'economia nazionale narrate ne Gli Album, Marco Paolini torna, e alla grande, a raccontare una fetta di storia recente. gli anni della metamorfosi, del grande cambiamneto. Gli anni Ottanta, la belle epoque di Margaret Thatcher e dell'edonismo reganiano: l'irrompere impetuoso e impietoso, del post moderno sulla scena del mondo: niente piu' ideologie, niente piu' ideali, solo i soldi, il capitale e il mercato che, al di sopra del bene e del male, muovono la storia, forgiano le coscienze e prima ancora che gli affari.Gli anni dell'individualismop conclamato perche', come disse la Lady di ferro, nel cassare lo stato sociale e ivalori della solidarieta' e della socialita', "non esiste societa', ma solo uomini-donne - bambini", MIserabili: io e Margaret Thatcher, la nuova applauditissima fatica di Paolini, vista l'altra sera al Pasolin idi Cervignano. I miserabil idel titolo non solo ovviamnete piu' quelli di Hugo o Marx, i poveri iunurbati della seconda rivoluzione industriale vittime di un capitalismo nacsente, i miserabili veri oggi siamo tutti noi, altrettanto vittime di un occidente opulento e consumistico e di un capitalismo liberista e senza freni che condizione i rapporti economici e impone nuove alienanti regole alle relazioni con se stessi e con gli altri. Uomini e donne del precariato, economico ed esistenziale, del lavoro interinale, dell'economia virtuale, delle bolle finanziarie, degli acquisti a rate, dei debiti e degli investimenti spregiudicati, della mobilita' come valore supremo, abitanti nel vuoto cosmico di quell'imbecille "tutto intorno a te" implacabile imperativo categorico di una societa' dell'apparireper non morire.MIserabili sono i giovani dal futuro incerto, come Rossana, la figlia di Nicola (il protagonista de Gli Album), costretta per lavorare a fare il soldato; miserabili sono gli operai dismessi da fabbrichedismesse ("tante fabbriche dismesse tanti solarium"), ma miserabili anche quelli che poveri non lo sono, a loro volta preda di una frenetica corsa all'oro, privi di memoria, di tempo, di liberta'. Tutti miserabili di una miseria dell'anima, molto spesso soli e quasi sempre insoddifatti.Una ballata che dagli anni Ottanta arriva all'oggie in cui Paolini dosa con abilita' da teatrante ormai consumato analisi socio economica e storie individuali (dell'operaio angelino diventato lavoratore interinaledopo vent'anni di fabbrica o di Gelindo e dei suoi infortuni),in un racconto che non e' mai asettico, pieno invcece di ironia e di leggerezza (cui non poco contribuisce il buon sensoe le calate linguistichedel Veneto contadino alle prese con i ritmi stravolti e i tempi impazziti della modernita'), anche se puntuale circostanziato, critico, a volte indignato, profondamente sconsolato. Contagioso. E,come gia' nel precedente Song n 32, ancge per questo Miserabili Paolini si e' fatto affiancare da una band, i musicisti de "I Mercanti di liquore" -Lorenzo Monguzzi (voce e chitarra acustica), Piero Mucilli (Fisarmonica), Simone Spreafico (chitarra classica flamencata), con cui costruisce anche come cantante, un tessuto sonoro e musicale efficace e piuttosto coinvolgente, tra ballate alla De Andre' e canzoni nella migliore tradizione cantautoriale,, fino a riscrittura rock di quella Liberta' di Giorgio Gaber, che e' inno alla partecipazione, alla faccia del liberismo e di tutti i suoi falsi miti. Applausi a non finiri ed un esilerante bis, la lettura di una lettera all'Inail di Treviso di un infortunio sul lavoro (una comica finale d'altri tempi!), in cui Paolini sfoggia una verve comica irresistibile e strepitosa.

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