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Paolini e Niccolini sull’Olimpo La storia del calzolaio di Ulisse

di Sergio Frigo


C'è un uomo di mezza età, che sale faticosamente nella notte un sentiero di montagna con un remo sulle spalle. A un certo punto l'uomo si mette a parlare, e il suo racconto suscita l'interesse di altri uomini che lo precedono e lo seguono, e in particolare di un giovane capraio, così divorato dalla curiosità per le sue strabilianti avventure da promettere all'uomo cento delle sue pecore se non smetterà di narrare. Il sentiero ha un nome ambizioso, Cammino degli Dei, perché conduce alla cima dell'Olimpo; gli uomini in marcia portano sulle spalle dei doni per le capricciose divinità, e l'uomo che racconta non è un aedo qualsiasi, ma Ulisse, sotto le mentite spoglie di un calzolaio: e Il calzolaio di Ulisse (Mondadori, pp. 168, €17) è il libro a quattro mani di Marco Paolini e del suo autore, sceneggiatore e regista Francesco Niccolini, che ripropone i contenuti dello spettacolo "Nel tempo degli dei. Il calzolaio di Ulisse", prodotto da Jolefilm e trasmesso anche in televisione. Si tratta del racconto, riveduto e aggiornato, degli antefatti della guerra di Troia, dell'Odissea e soprattutto di quanto accadde "dopo" - dopo il ritorno a Itaca - all'eroe greco divenuto nei secoli simbolo dell'intraprendenza dell'uomo, dell'astuzia e del coraggio e soprattutto della sua fame di conoscenza. Un racconto pensato soprattutto per i ragazzi, ma che affronta temi eterni come la responsabilità individuale, le scelte che determinano il nostro destino, l'ambiguità della natura umana e soprattutto l'eterno scandalo della guerra.

L'Ulisse qui rappresentato ha infatti dismesso la baldanza dell'eroe e deve fare i conti con i suoi innumerevoli imbrogli, le infedeltà, i rimorsi per i compagni persi nelle sue traversie per i mari, la nostalgia per la giovane Nausicaa, le atrocità di cui si è macchiato durante l'assedio di Troia e al suo ritorno a casa, con l'uccisione a sangue freddo del centinaio di giovani pretendenti di Penelope (e al suo trono) e delle ancelle che si erano compromesse con loro. Non lo consola, né lo assolve, anzi lo fa adirare, il sapere che tutto quanto è accaduto a lui, ai suoi compagni e agli stessi nemici, fa parte di un disegno degli dei, per i quali tradimenti, vendette e guerre fra gli uomini altro non sono che un divertissement per far passare le noiose e infinite giornate sull'Olimpo. «Il sangue versato - scrivono Niccolini e Paolini nell'introduzione - è molto difficile da cancellare e ancora più difficile è non pagarne le conseguenze. Ben poco onore ed eroismo troverai in queste pagine: nessuna medaglia al merito, nessuna riconoscenza. Ma chiunque ti racconti che la guerra ha qualcosa di glorioso e magnifico, sappi che ti sta dicendo una menzogna. A questo menzogna, come ai capricci degli dei e degli uomini, è giusto ribellarsi». Che è quanto fa Ulisse in questo suo ultimo viaggio.

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