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Paolini, la «Fabbrica del mondo»: un invito a prendere coscienza

Su Rai3, il programma in tre puntate condotto dall’attore e Telmo Pievani. Che denunciano il disastro verso il quale il nostro pianeta sembra lanciato.

Nei programmi di Marco Paolini bisogna abbandonarsi alla malìa del racconto, altrimenti il didascalico rischia di sopravanzare, altrimenti il tono da fine millennio diventa un inciampo per il nuovo millennio che stiamo affrontando. Come se non ce ne fossero già abbastanza! Il teatro di narrazione è la forma attraverso cui Paolini, nel corso degli anni, ci ha regalato momenti di irripetibile intensità, da filologo cantastorie. La sua ultima sfida si chiama «La fabbrica del mondo», una serie in tre puntate su Rai3 in compagnia di Telmo Piovani. Il racconto si svolge all’interno di una grande fabbrica, stratificata per epoca e mutamenti, un luogo che diventa metafora di un mondo che fabbrica sé stesso: «La Fabbrica del Mondo, che per millenni ha garantito la sopravvivenza dell’essere umano, ora si è inceppata. Tocca fare — sostengono P&P — una gran manutenzione per ripararla, per salvare quel presente che lentamente si disfà sotto i nostri occhi e immaginare un’idea di futuro che non sia la ripetizione del presente».

Nell’abbandono, ci sentiamo investiti da «un’onda mnemica» (espressione con cui Aby Warburg accennava a quegli urti della memoria che colpiscono una civiltà in rapporto al suo passato): «Primavera silenziosa», il libro dalla biologa Rachel Carson, letto tanti anni fa, che ha contribuito all’abbandono del Ddt (i miei usavano ancora il flit per uccidere le zanzare); «L’amico degli animali» di Angelo Lombardi e dell’ascaro Andalù (Paolini era vagamente ironico nell’evocarlo); la tempesta di vento che nel 2019 ha abbattuto un milione di abeti in pochissimi minuti sull’altipiano di Asiago; l’estremo sacrificio del dott. Carlo Urbani, l’infettivologo di fama internazionale che ha sconfitto la Sars. A scandire la narrazione, gli inquietanti corvi meccatronici di Marta Cuscunà. Abbandonarsi al racconto e, se possibile, prendere coscienza nel profondo.

di Aldo Grasso

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