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RSI – Marco Paolini. Cantastorie d’inchiesta

"Jack, vivo, deriso come un cane, Jack morto usato come un cane dai bambini,
da leggere vicino al fuoco per crescere umani. (…)
Umani, cresciuti con Zanna Bianca, non consolatevi:
non è dai lupi che vi dovete guardare, ma dai vostri simili”.

Marco Paolini, il forte valore civile dei suoi testi si tinge di una poesia delicata e intima nello spettacolo dedicato a Jack London, “Uomini e cani”. Protagonisti un uomo, un cane, il viaggio e il grande Nord, per raccontare il rapporto tra l’uomo e la natura e per parlare del senso del limite, oggi, in una società che ha fatto del ‘no limits’ la sua bandiera. Il valore della consapevolezza del limite, questo il messaggio che l’attore bellunese ci racconta traendolo dalle pagine dello scrittore che, con Zanna Bianca, ha fatto crescere intere generazioni.

Il rapporto fra l’uomo e il cane è fatto di sguardi: l’animale e il suo padrone si osservano, si studiano, si trattano con lo sguardo, direttamente, senza parole, non ce n’è bisogno….

Tre racconti, che ci fanno passare dalla leggerezza di “Macchia”, cane ironico e beffardo, un’ossessione da cui non ci si riesce a liberare, all’odio “a prima vista” che scorre fra l’uomo e il suo cane nelle pagine di “Bastardo”, fino al dramma di “Preparare un fuoco” che, presentato nelle due versioni alternative del racconto, come Batârd ci azzanna letteralmente alla gola, e ci fa riflettere sulla effettiva posizione di essere umano e animale nella catena evolutiva: è il cane che sa che a 75 gradi sotto zero non si viaggia da soli in mezzo alla neve, e allora che è più consapevole fra uomo e animale?....

E alla fine scopriamo che in “Uomini e cani” c’è anche direttamente Jack London, con quell’avventura che è stata la sua stessa vita.

Se negli ultimi decenni è diventato tanto di moda il concetto di Wilderness, Marco Paolini ci suggerisce che in fondo Jack London ce l’aveva già insegnato più di un secolo fa, ma libero da quella retorica di cui è rivestito oggi, in un mondo che vuole la natura incontaminata ma non sa rispettarla.

Più di duemila persone nell’Arena di Verbania, con lo sfondo incantato notturno del Lago Maggiore e dei monti che lo circondano, affascinate dalla poesia e dall’incanto con cui Marco Paolini sa rapire il suo pubblico. Lo ringraziamo per l’intervista che ha generosamente concesso a Giovanna Riva dopo la fatica dello spettacolo.

Attore, autore e regista, Marco Paolini dagli anni Settanta al 1994 ha fatto parte di vari gruppi teatrali. Noto al grande pubblico per Il racconto del Vajont si distingue quale autore e interprete di narrazioni di forte impatto civile (I-TIGI racconto per Ustica, Parlamento chimico, Il Sergente, Bhopal 2 dicembre ’84, U 238, Miserabili) e per la capacità di raccontare il cambiamento della società attraverso i dialetti e la poesia sviluppata con il ciclo dei Bestiari. Appassionato di mappe, di treni e di viaggio, traccia i suoi racconti con un’attenzione speciale al paesaggio, al suo mutarsi e alla storia (come nel Milione). Nel 1999 ha fondato Jolefilm, la società con cui produce tutti i suoi spettacoli e con cui sviluppa la passione per il cinema e il documentario. Attualmente è in tournée con il suo ultimo spettacolo ITIS Galileo e nelle sale cinematografiche con Io sono Li film di cui è produttore e interprete.

Per ascoltare l’intervista a Marco Paolini clicca qui

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