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“Sani!”, il patto col pubblico di Marco Paolini

Il Friuli sullo sfondo della narrazione. Fabrizio Lopresti racconta lo spettacolo dall’epico-comico incontro-scontro tra Carmelo Bene e il protagonista nel 1983 all’incontro-scontro tra Reagan e Gorbačëv nel 1986.

Si sono da poco concluse al Piccolo Teatro di Milano le repliche del nuovo spettacolo di Marco Paolini dal titolo “SANI!” con le musiche originali composte ed eseguite da Saba Anglana e Lorenzo Monguzzi. Per chi non lo avesse ancora fatto, ritornare a teatro dopo i mesi di chiusura, è una vera gioia. Soprattutto con uno spettacolo di Paolini, da sempre in prima linea per tutto quello che riguarda il racconto sociale, i fatti, i ricordi.

Ma cosa vuol dire Sani? È un’espressione usata per dare il saluto ai piedi delle Alpi, nella valle del Piave. Un augurio, una benedizione, un viatico per tutti noi che siamo stati travolti e sconvolti dall’emergenza sanitaria. Viene da Salus, riassume il senso del teatro per questo tempo, un teatro che mette insieme creando ponti. «In questo tempo di teatro fra parentesi non tutto dipende dalle norme, dipende dal buon senso, dal coraggio e dalla fiducia, dipende da noi… Per convenzione, il biglietto venduto a teatro corrisponde a una sedia o a una poltrona, secondo me» sottolineerà Paolini, «corrisponde invece a un diritto: quello di poter vivere un’esperienza da dentro, non di guardarla da fuori».

E così Paolini per 105 minuti senza intervallo vola su un canovaccio autobiografico, che cuce insieme storie vecchie e nuove. Da un pezzo di album raccontato trent’anni fa, dalla memoria parte un viaggio che narra il presente. Dall’epico-comico incontro-scontro tra Carmelo Bene e Marco Paolini nel 1983 all’incontro-scontro tra Reagan e Gorbačëv, al vertice di Reykjavík a Höfði, in Islanda nel 1986; dalla ricostruzione dopo il terremoto del ’76 in Friuli alla ripartenza dopo la pandemia. Ogni argomento, ogni accadimento sono parti, personaggi, scene, fili di una storia che prende forma di ballata, dove parola e canto hanno pari dignità. Dove chiudendo gli occhi ci catapultiamo indietro nel tempo e riviviamo ogni singolo istante del racconto. Ci commuoviamo, ridiamo, pensiamo, applaudiamo.
Indimenticabile è la parte dove si racconta l’incontro con Rosina, una donna conosciuta durante il sisma e scambiata per un oste. Tenero e vibrante il ricordo della scoperta: era una terremotata che aveva offerto a lui e soci tutto ciò che aveva.

Caffè, grappa, qualcosa da mangiare. Il pianto per la mortificazione e poi il legame che l’ha spinto nel tempo a tornare a trovarla. Rosina che continuerà a cercare per anni, dopo la ricostruzione, l’interruttore delle scale sulla sinistra senza riuscire a memorizzarlo ormai sulla destra. Il lungo applauso sul finale racconta di questo infinito tempo di chiusura dei teatri. Oggi che finalmente siamo tornati al cento per cento Marco Paolini salutando il pubblico dello Strehler alla fine del suo nuovo spettacolo Sani! Teatro fra parentesi, le mie storie per questo tempo non può che augurare «Che non torni il metro di distanza!».
Visibilmente emozionato e commosso l’attore padovano dichiara alla platea «l’astinenza da applausi» mentre gode della standing ovation che gli spettatori gli dedicano. A lui, eccellente come sempre; appassionato affabulatore, istrionico narratore di storie personali e particolari. Ai suoi compagni di viaggio, la bella e sensuale Saba Anglana, cantante e attrice italiana di origini somale, lo storico Lorenzo Monguzzi voce dei Mercanti di Liquore che collabora con lui da quasi vent’anni. Un salto, un ritorno e un andare avanti verso nuove storie, verso vita che a sua volta diverrà ricordo ma sarà piena di esperienze vissute.

di Fabrizio Lopresti

 

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