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Sos la Terra si è inceppata: Marco Paolini e Telmo Pievani esplorano il nostro futuro

L’attore e drammaturgo e il filosofo della scienza ed evoluzionista portano su Rai 3, a partire dall’8 gennaio, il loro spettacolo in tre puntate «La Fabbrica del Mondo», con la regia di Marco Segato, in cui raccontano meraviglie e disastri.

«Vuoi dirmi che il tuo cervello pesa come i microbi?», «Anche il tuo, naturalmente, pesa come la massa dei microbi che abbiamo nell’intestino, sulla pelle, in bocca e ci permettono di digerire, ci permettono di sopravvivere. Noi dipendiamo da loro che ci abitano fin da quando nasciamo. Un altro motivo per ringraziare i microbi è che ad un certo punto nell’evoluzione, questa è una storia molto molto bella, si sono messi insieme, hanno imparato la simbiosi. Per esempio, un batterio ne ha fagocitato un altro e questo è diventato una parte del precedente e hanno costituito una sorta di cooperativa, una specie di condominio dove ognuno fa il suo mestiere».

Anche qui, nella nuova avventura teatrale e televisiva di Marco Paolini e Telmo Pievani La Fabbrica del Mondo, tre puntate su Rai 3 a partire dall’8 gennaio, regia di Marco Segato, ognuno fa il suo mestiere.

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Telmo Pievani è nato a Gazzaniga (Bergamo) il 6 ottobre 1960 (foto Gianluca Moretto)

Paolini, drammaturgo, attore, autore di pièce memorabili come Vajont, Marco Polo o Il sergente nella neve, fa il mestiere di «contastorie», butta lì domande impossibili, ammicca ai controsensi, pesca tra i ricordi di bambino («Mio papà se mi vedeva lasciare chiodi storti, me li faceva cavare e drizzare») e gli allarmi di oggi («Io credo che chi produce una bottiglia in plastica dovrebbe fare come la zecca con le monete: se ne vuoi produrre di nuove, ritiri le vecchie») gli spunti per capire come stanno cambiando la nostra vita e il mondo. Pievani, filosofo della scienza, evoluzionista, docente a Padova (unico filosofo in Italia in un dipartimento di Biologia), studioso dei modelli di cambiamento, collaboratore del «Corriere», fa il mestiere di spiegare le cose più complicate con le parole più facili possibili: «Non ci si pensa mai, ma la parola Natura vuol dire il contrario di Moritura. Moritura è colei che sta per morire. Natura dal latino vuol dire colei che sta per nascere, vuol dire generare, generazione, quindi la vera questione è come facciamo a cominciare a rigenerare la fabbrica del mondo?»

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Marco Paolini è nato a Belluno il 5 marzo del 1956 (foto di Gianluca Moretto)

E questo, spiegano l’attore e lo scienziato, è il tema: «La Fabbrica del Mondo, che per millenni ha garantito la sopravvivenza dell’essere umano, ora si è inceppata, tocca fare una gran manutenzione per ripararla, per salvare quel presente che lentamente si disfà sotto i nostri occhi e immaginare un’idea di futuro che non sia la ripetizione del presente. E allora il racconto si snoda anche attraverso incontri surreali come quello con Noè, il manutentore senza età della Fabbrica del Mondo che vive da sempre» e mugugna perché, santo Iddio, questi uomini sventati ogni tanto gli chiedono di riparare ai loro errori, ma c’è sempre più fretta e se l’ultima volta gli era stato dato un secolo di tempo, per l’agenda 2030 delle Nazioni Unite «pretendono che sia fatto tutto in 10 anni. Non c’è più la classe dirigente di una volta».

tutto scivola via così, tra l’ironia e lo spavento, come un omnibus sull’orlo del burrone che percorre l’intero pianeta narrando tappa su tappa una moltitudine di storie. Da quella della biologa Rachel Carson, che sessant’anni fa incendiò le polemiche sul Ddt e i veleni chimici tirandosi addosso le ire delle multinazionali col libro Primavera silenziosa, dove raccontava di una campagna dove di colpo erano spariti gli insetti e gli uccelli («Le albe, che una volta risuonavano del gorgheggio mattutino dei pettirossi, delle ghiandaie, delle tortore, degli scriccioli... adesso erano mute») a quello del poeta e drammaturgo Andri Snær Magnason che nel 2019 celebrò nella sua Islanda il primo di tanti funerali ai ghiacciai via via defunti.

E ancora la storia dell’inglese Edwin Chadwick, che «era un filosofo della felicità» e nel 1848 riuscì a far passare una «legge sulla salute pubblica» che prevedeva un bagno con lo scarico in ogni casa di Londra, quindi la posa d’una rete fognaria, e fu perciò attaccato come fossero inutili capricci in Parlamento e perfino dal marito della regina Vittoria, il principe Alberto, destinato pochi anni dopo (ahilui...) a morire proprio di tifo.

Per non dire della storia dell’acqua, che per miliardi di anni sul nostro pianeta «infernale, assolutamente inospitale, caldissimo, bombardato da asteroidi» era del tutto assente, non c’era e «nessuno avrebbe scommesso un soldo che ci sarebbe mai stata», eppure oggi copre due terzi della Terra con un oceano profondo un chilometro e mezzo: «Da dove è arrivata tutta quest’acqua? La risposta è che non lo sappiamo. Forse, secondo la teoria tradizionale, è venuta da dentro la terra attraverso i vulcani» o forse «parte di quell’acqua è arrivata attraverso le comete, perché noi oggi sappiamo che le comete sono palle di ghiaccio, contengono una grande quantità di acqua che vaga nel sistema solare».

E man mano che Paolini & Pievani vanno avanti a raccontare che lo scienziato israeliano Ron Milo si mise in testa di misurare «la catasta di tutte le cataste, cioè l’insieme di tutti gli oggetti che gli esseri umani nel corso della storia hanno costruito, ideato, realizzato» dalla muraglia cinese ai grattacieli, dalle dighe alla Gioconda, calcolando che abbiamo ammucchiato «1100 miliardi di tonnellate» di roba made by humans o che «tra le prime 50 città più inquinate del mondo 49 sono nel Bangladesh» o ancora che «gli insetti, le formiche, le api, le vespe, pesano 120 volte più di noi che siamo lo 0,01% rispetto a tutta la biomassa», si comincia a capire.

La Fabbrica del Mondo, dove c’è spazio anche per il ricordo del mitico Angelo Lombardi («L’amico degli animali» che negli anni Cinquanta arrivò a portare negli studi della Rai un po’ di coccodrilli accuditi dal fedele «indigeno Andalù») e per i corvi «meccatronici» di Marta Cuscunà, scesi direttamente dall’antica commedia greca per osservare la stranezza degli esseri umani («Non è nella nostra natura piangere sul sangue versato»), non c’entra niente con l’amatissima rubrica della «Settimana Enigmistica» Forse non tutti sanno che...

Adescare lettori o spettatori con qualcosa che ne stuzzichi la curiosità, strappandoli alle risse tra comari dei salotti tivù o alle girandole di amorazzi da rotocalco, è centrale. Ben vengano quindi i microbi nel cervello, Noè, i corvi, i coccodrilli, i pipistrelli che possono dormire «in 4.000 al metro cubo» e perfino Andalù. Oro colato, se serve a parlare di scienza, degli errori commessi da scienziati troppo tronfi per essere ascoltati, degli incubi ambientali. Magari arriveremo a leggere davvero, come suggeriscono Paolini e Pievani raccontandone l’eroismo, le prescrizioni del medico Carlo Urbani, il «medico senza frontiere» morto sul fronte della Sars a Bangkok: «Lavaggio costante delle mani, pulizia, disinfezione e sterilizzazione delle apparecchiature, uso di mascherine altamente protettive, protezione respiratoria, protezione degli occhi, doppie vesti, eliminazione sterile dei rifiuti ospedalieri, lavaggio e sterilizzazione di tutte le lenzuola. Con l’ipotetico contagiato va ricostruito l’elenco dei contatti ravvicinati nei 10 giorni precedenti. Il paziente deve entrare nel pronto soccorso senza farlo sostare in sala d’attesa e fargli indossare mascherina chirurgica...». Da allora sono passati quasi 19 anni...

 

di Gian Antonio Stella

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