Riallestimento 2009
MISERABILI Io e Margaret Thatcher
con Marco Paolini e i Mercanti di Liquore
Testi di Andrea Bajani, Lorenzo Monguzzi, Marco Paolini, Michela Signori
Musiche dei Mercanti di Liquore (Lorenzo Monguzzi, Piero Mucilli, Simone Spreafico)
Consulenza storica: Giovanni De Martis | Consulenza musicale: Carlo Rebeschini
Disegno luci: Andrea Violato | Consolle luci: Lorenza Bonfanti | Consolle audio: Corrado Cristina | Direzione tecnica: Marco Busetto
Fonica: Mordente Music Service | Illuminotecnica: Ombre Rosse
Management Mercanti di Liquore: Laura Meroni
Produzione: Michela Signori, Jolefilm
Durata: atto unico 1 ora e 50 minuti
2006
MISERABILI Io e Margaret Thatcher
con Marco Paolini e i Mercanti di Liquore (Lorenzo Monguzzi, Piero Mucilli, Simone Spreafico)
Testi di Andrea Bajani, Lorenzo Monguzzi, Marco Paolini, Michela Signori
Musiche dei Mercanti di Liquore (Lorenzo Monguzzi, Piero Mucilli, Simone Spreafico)
Consulenza storica: Giovanni De Martis | Consulenza musicale: Carlo Rebeschini | Disegno luci: Andrea Violato | Consolle luci: Monia Giannobile | Consolle audio: Lorenzo Caperchi | Direzione tecnica: Marco Busetto | Fonica: Mordente Music Service | Illuminotecnica: Elis | Management Mercanti di Liquore: Max Cantu’ | Produzione: Michela Signori, Jolefilm
Grazie a:
Associazione Teatrale Koreja, Associazione Culturale Artesella, Teatro Villa dei Leoni di Mira, Teatro Goldoni di Bagnacavallo, Vincenzo Linarello e le comunita’ e cooperative del Consorzio Goel della Locride, Davide Canali, Lorenza Poletto, Glenda Sampietro.
MISERABILI è un racconto in forma di ballata, che ricostruisce in quadri la metamorfosi della società italiana a partire dagli anni ’80, continuando idealmente l’esperienza di autobiografia collettiva degli Album. È l’economia l’argomento principale della ballata, l’intreccio di “macro” e “micro”, le ricette e le delusioni di questo passato prossimo che sconfina nel presente. MISERABILI è un work in progress per vocazione, perché è anche un modo di ragionare ad alta voce e senza pregiudizi sull’influenza, sempre crescente, delle regole (e dell’assenza di regole) di mercato, sul nostro modo di immaginare il futuro senza progettarlo, di vivere il presente, di rimuovere la memoria.
Margaret Thatcher è la protagonista di un dialogo immaginario con Nicola, il protagonista degli Album di Marco Paolini, è il simbolo vivente della metamorfosi della nostra società non più ristretta da confini nazionali.
La presenza della musica è molto forte, i Mercanti di Liquore hanno composto tutte le musiche e le eseguono dal vivo.
Andrea Bajani, autore di libri sul mondo del lavoro come Cordiali saluti e Mi spezzo ma non m’impiego, ha collaborato alle ricerche e alla stesura dei testi.
“Nel 2006 ho cominciato a mettere insieme i pezzi dello spettacolo MISERABILI io e Margaret Thatcher. Il punto di partenza era lo strapotere dell’economia sulla mia-nostra vita. Non un’invettiva contro il mercato, ma una presa d’atto della sua onnipresenza anche in momenti e settori che un tempo non gli competevano.
Ragionavo di come la tentazione della pietra filosofale avesse contagiato gente fino a poco prima del tutto immune a questo tipo di seduzione e di come esoterismo, previsioni di mercato, nuove attese di vita, bassi prezzi per i viaggi, facilità di contrarre mutui o prestiti, circolazione libera dei capitali, insieme alla velocità delle informazioni in rete, ci avessero cambiato. Un mondo nuovo in cui non ho capito perché non hanno dato il Nobel per l’economia a Harry Potter, ma se lo sarebbe meritato.
Poi è cominciata la crisi e qualcuno ha creduto di capire finalmente quello che questo spettacolo voleva dire. Il terrore può paralizzare, ma una situazione preoccupante può allenare i riflessi e i sensi assopiti nel benessere.
Credo sia necessario che anche gli autori si interroghino sulla materia trattata, senza aspettare di essere lasciati indietro dagli accadimenti.
L’intuizione sulla centralità esagerata dell’economia rispetto alle nostre esigenze, si è rivelata esatta ma saperlo non può consolarci. Le soluzioni solo economiche della crisi attuale lasciano intatto il problema di fondo: senza dei forti contrappesi culturali Economia e Politica non sono in grado di pianificare il nostro futuro. Non posso affidarmi alla politica senza confidare, cioè dare fiducia, che significa conoscere e condividere almeno la direzione del futuro.
MISERABILI è anche uno spettacolo di pensiero, di faticosa ricerca di un pensiero tra frammenti di esperienza, di intuizioni ed errori di valutazione. Rispetto a tre anni fa ci sono molti più interlocutori disposti a ragionare su questo ed è stimolante pensare che il lavoro fatto finora sia punto di partenza per altro teatro. Ho deciso di mantenere lo stesso titolo perché è nella continuità del dialogo immaginario con la signora Thatcher e nel confronto con la storia che si muovono anche i nuovi dialoghi, le nuove scene, e le canzoni che (presumibilmente) sostituiranno, almeno in parte, quelle del copione originario.
Con MISERABILI questo è già successo e continua a succedere; nel mese di marzo 2009 siamo ripartiti da Scampia ripensando il lavoro e l’allestimento e cercando di ridare a ogni serata il senso di una tappa verso una forma che oggi ancora non posso prefigurare. È quanto ho già fatto in passato con le grandi narrazioni civili come il Racconto per Ustica, Parlamento chimico, il Racconto del Vajont. Il mio è un teatro incompiuto in cui è difficile stabilire un confine tra le prove e le repliche. È il suo limite, ma anche la sua forza.”
Marco Paolini
Quand’io l’ho conosciuta l’Italia era già donna
e di costituzione robusta sana e forte,
e più che lavorare direi che tribolava
poi, dato che era grassa, madonna se sudava.
Due bestie nella stalla e un coro di galline
a cui tirare il collo per farci stare bene,
per farci fare festa, l’Italia si inventava
storie favolose, chissà come faceva!
Se la portavi in giro, l’Italia maglia rosa,
montava dietro in macchina perché era rispettosa,
mezzo sedile a lei e mezzo a noi fratelli,
non proprio di Mameli, però abbastanza belli.
Si andava a cena fuori e lei mangiava tutto
che poi ci si poteva specchiare dentro al piatto,
poi con la pancia piena di scatto lei si alzava,
faceva un bell’inchino, l’Italia, e poi ballava.
Noi zitti e affascinati dal ritmo dei suoi passi,
ballava proprio bene, come spesso fanno i grassi,
l’Italia nel volteggio sbuffava e si impegnava,
sembrava che cascasse… ma si risollevava.
Quando l’ho conosciuta eravamo compaesani,
puzzava di miseria e aveva modi strani,
con quel vocione forte e un tuono di risata
contenta perché viva e in più sopravvissuta
a guerra e dopoguerra e guerra dopo ancora.
Di indole puttana e in abito da suora,
maestra di furbizia e un po’ voltagabbana,
però rispetto ad altre, più tenera ed umana.
Avevi gli occhi ardenti e un bel gesticolare,
il seno prominente e un’aria familiare,
un corpo molto goffo e un po’ fuori misura
tenuto assieme a stento coi punti di sutura
eppure ancora bella, magnetica, attraente,
una bellezza impudica, a volte sconveniente,
propensa e ben disposta ai vizi del piacere
l’Italia, non lo nego, sapeva anche godere.
Con il passar degli anni ci siam persi di vista:
le scrissi molte volte ma senza mai risposta,
mi dissero che si era messa in certi giri strani
e che si accompagnava con ladri e con ruffiani.
Poi ieri l’ho incontrata dentro a un supermercato,
l’Italia, col carrello al reparto surgelati,
talmente dimagrita che mi pareva un’altra,
gli zigomi rifatti e la frangetta corta.
Avrei voluto dirle che avevo nostalgia
dei tempi in cui godevo della sua compagnia,
che la trovavo bella, davvero seducente
e che, anche se lontano, ero pur sempre un suo parente.
Lei mi ha guardato come si guardano i bambini:
mi ha chiesto se sapevo dov’erano i grissini.
Vedendomi perplesso di scatto s’è voltata
e in men che non si dica l’Italia se n’è andata.
Italia, antico amore, hai perso l’allegria
e forse non ricordi l’antica cortesia,
ebbene si, lo ammetto, ci son rimasto male,
che diamine! Potevi almeno salutare!
Però, malgrado tutto, ti voglio ancora bene,
qualcosa di me stesso ancora ti appartiene.
Ti piace far la stronza e farmi disperare
ma so che un giorno o l’altro ti rivedrò ballare.
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