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con Marco Paolini
testi di Francesco Niccolini, Marco Paolini, Andrea Purgatori
regia Davide Ferrario
direttore della fotografia Giuseppe Baresi
montaggio Claudio Cormio
direttore di produzione Michela Signori
produttore esecutivo Francesco Bonsembiante
amministrazione Lorenza Poletto
allestimento JOLEFILM
in collaborazione con FONDAZIONE TEATRO CIVICO SCHIO, ROSSOFUOCO, STILO
elementi scenici Mauro De Luca
responsabile tecnico Marco Busetto
capoelettricisti Franco Bongiorno
elettricisti Alberto Artuso, Yurji Pevere
macchinisti Roberto Rossetto
aiuti tecnici Enrico Ladina, Mario Pigatto, Davide Zenere
assistenti alla produzione Marco Austeri, Marco Pianegonda, Matteo Ripari
segreteria Elisa Burato, Ludivine Cuisinier, Antonella Losurdo
service riprese e post produzione ASA AUDIOVISIVI (Bologna)
service audio e luci NANE CINENOLEGGI (Milano), MORDENTE MUSICSERVICE (Reggio Emilia)
musiche
"Siyka" (di Osvaldo Arioldi) OFFICINE SCHWARTZ
dall'album "L'internazionale Cantieri" pubbl. MANIFESTO
produzione JOLEFILM 2003
TEATRO CIVICO è una serie di racconti brevi nata dalla proposta di collaborazione di Milena Gabanelli per la trasmissione REPORT.
Le storie hanno trattato argomenti in vario modo collegati al tema delle puntate di REPORT previste tra settembre e ottobre 2003.
Alle ricerche e a ai testi hanno lavorato Francesco Niccolini e Andrea Purgatori.
A fare da collante fra le diverse storie è stato un luogo fuori dal comune, un teatro scarno “conservato in stato di perfetto abbandono”, messo in sicurezza e reso agibile per le riprese grazie all’amministrazione comunale di Schio (VI) e nel quale le riprese sono state effettuate tra luglio e settembre 2003.
La durata è di circa 40 minuti e ad ogni racconto è seguita l’inchiesta giornalistica.
La regia è stata affidata a Davide Ferrario che ha già collaborato con Paolini dirigendo il film “I TIGI a Gibellina” prodotto da JOLEFILM e da TELE+.
La direzione della fotografia è di Giuseppe Baresi e il montaggio di Claudio Cormio.
È un viaggio autobiografico nell'Italia conosciuta stazione dopo stazione attraverso i ricordi di un bambino cresciuto sui treni (anche perché il papà fino a 40 anni non aveva ne auto ne patente).
È un viaggio dietro il paesaggio, perché le ferrovie entrano nelle città dalla porta di dietro e permettono di guardare il paese non come vuole apparire, ma dietro le quinte.
È un viaggio nel tempo per misurare un cambiamento reale, il trionfo del privato sul pubblico e la difficile trasformazione di un sistema (quello ferroviario) che a lungo è rimasto uguale a se stesso mentre intorno tutto cambiava; a colpi di modernizzazione forzata il sistema ha cercato di recuperare il tempo perso, accelerando, cambiando velocità, identità e look.
Trasformare l'utente in cliente è stato lo slogan portato dai managers, creature spaziali con auto privata, aereo privato, barca privata e treno…
Niente da fare, non serve a nulla avere un treno per sé, anche se privato è nato e resterà un mezzo pubblico che viaggia a sinistra, ma non per ragioni ideologiche: se e quando si deve spostare sulla destra si dice che il treno marcia sul binario illegale, è solo una parola del sistema, ma diventa suggestione per narrare.
Binario illegale è stato registrato come una session d'improvvisazione. Ho raccontato in un flusso di parole una ferrovia che avevo in testa.
Il testo è fatto di parti già raccontate in teatro e di altro tratto dai viaggi ferroviari che ogni tanto mi piace fare per l'Italia. Quello che segue non è un testo, ma una traccia sbobinata e un po' corretta di quell'improvvisazione. L'abbiamo montato insieme alle immagini di un treno tascabile che conservo con cura anche se non è quello con cui giocavo da bambino.
Il testo non è da leggere tutto insieme perché i tempi dei verbi saltano e le frasi non si chiudono sempre in modo logico; se però guardando il video vi viene il dubbio: "ma cos'ha detto?" Beh, c'è il testo per aiutarvi.
Mi verrebbe da aggiungere e riscrivere, ma è meglio trattenere la penna stavolta e seguire il ritmo che fa DODESKADEN, DO-DES'-KA-DEN (e che Kurosawa mi perdoni).
Marco Paolini
…
Di molte città italiane ho conosciuto prima di tutto la stazione, non so, Venezia Santa Lucia, che fuori era acqua alta, e che fai… torni a casa. E poi avanti Verona Porta Nuova, e avanti ancora Milano C. La prima volta a Milano C. ti domandi " C. è Centrale o Cattedrale?" Luogo di culto ferroviario… e dentro una voce, una voce misteriosa: la voce di Milano Centrale la ricordo sempre uguale, da quando ero bambino " Il treno da Palermo arriverà al binario 11 anziché al binario 2"., e tu immagini milioni di bestemmie di viaggiatori che si trasferiscono da un binario all'altro. "il treno per Torino sortirà con 45 minuti di ritardo dal binario 9 anziché dal binario 17" e in quella voce, uomo o donna mai capito, era condensata una noia infinita e un calmiere per la rabbia, l'ansia dei viaggiatori, che attraverso la stazione cercavano di superare impacci, coincidenze… che fine ha fatto la voce di Milano Centrale sostituita oggi da un risponditore? Io credo faccia il telefono erotico continuando a dire le stesse cose, con lo stesso tono, per nostalgici di qualcosa di umano dentro la stazione…
Poi ho visto Genova, Brignole, Principe… superbe…
E poi avanti, Bologna… Da Bolzano alla Calabria la gente saliva con la bava alla bocca, immaginando la sosta alla stazione di Bologna come occasione di arrivare ad un carrello di vivande calde: lasagne semoventi che si spostavano lungo il marciapiede "ma sarebbero arrivati fino al mio vagone prima della partenza del treno?"
Milioni di viaggiatori aspettavano una lasagna a testa. Per essere certi di prenderne una non c'era che da scendere dal treno, far coincidenza a Bologna, e avviarsi trionfanti al dopolavoro ferroviario dove le mogli dei ferrovieri cucinavano lasagne per un paese affamato ancora dal dopoguerra, che non immaginava di mettersi di lì a poco collettivamente a dieta. Un catering, democratico e ospedaliero, ha sostituito la lasagna bolognese DLF (dopolavoroferroviaria), diventata fuori norma.
Poi è arrivata Firenze Santa Maria Novella, bellissima… no, la Chiesa io non l'ho mai vista, io dico la stazione: fascista, ma bella… Con quel pavimento a strisce bianche e rosse con le corsie come la piscina, che a uno vien voglia di tuffarsi e nuotare fianco a fianco con suore con lo zaino, e poi con ragazzi, bagagli e armi… che i treni son lì e continuano a marciare in questo senso lungo le corsie, che se tu devi prendere il treno, lo perdi, perché loro non han mai finito allenamento…
Poi, dopo Firenze arriva Roma Termini, lo dice la parola, arrivi lì e torni indietro….
…
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