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U-238

con Marco Paolini
testi di Francesco Niccolini, Marco Paolini, Andrea Purgatori
regia Davide Ferrario
direttore della fotografia Giuseppe Baresi
montaggio Claudio Cormio
direttore di produzione Michela Signori
produttore esecutivo Francesco Bonsembiante
amministrazione Lorenza Poletto
allestimento JOLEFILM
in collaborazione con FONDAZIONE TEATRO CIVICO SCHIO, ROSSOFUOCO, STILO
elementi scenici Mauro De Luca
responsabile tecnico Marco Busetto
capoelettricisti Franco Bongiorno
elettricisti Alberto Artuso, Yurji Pevere
macchinisti Roberto Rossetto
aiuti tecnici Enrico Ladina, Mario Pigatto, Davide Zenere
assistenti alla produzione Marco Austeri, Marco Pianegonda, Matteo Ripari
segreteria Elisa Burato, Ludivine Cuisinier, Antonella Losurdo
service riprese e post produzione ASA AUDIOVISIVI (Bologna)
service audio e luci NANE CINENOLEGGI (MI), MORDENTE MUSICSERVICE (RE)
musiche
"Siyka" (di Osvaldo Arioldi) OFFICINE SCHWARTZ dall'album "L'internazionale Cantieri" pubbl. MANIFESTO
produzione JOLEFILM 2003

U-238

Teatro Civico

TEATRO CIVICO è una serie di racconti brevi nata dalla proposta di collaborazione di Milena Gabanelli per la trasmissione REPORT.
Le storie hanno trattato argomenti in vario modo collegati al tema delle puntate di REPORT previste tra settembre e ottobre 2003.
Alle ricerche e a ai testi hanno lavorato Francesco Niccolini e Andrea Purgatori.
A fare da collante fra le diverse storie è stato un luogo fuori dal comune, un teatro scarno “conservato in stato di perfetto abbandono”, messo in sicurezza e reso agibile per le riprese grazie all’amministrazione comunale di Schio (VI) e nel quale le riprese sono state effettuate tra luglio e settembre 2003.
La durata è di circa 40 minuti e ad ogni racconto è seguita l’inchiesta giornalistica.
La regia è stata affidata a Davide Ferrario che ha già collaborato con Paolini dirigendo il film “I TIGI a Gibellina” prodotto da JOLEFILM e da TELE+.
La direzione della fotografia è di Giuseppe Baresi e il montaggio di Claudio Cormio.

La storia

Sembra la sigla di un sommergibile tedesco della II^ guerra mondiale invece è il simbolo di un isotopo di uranio a bassa radioattività.
Dell'uranio impoverito si è parlato dalla fine del ‘99 fino all'estate 2001, poi basta.
L'Osservatorio sulla Salute dei Militari ha nel frattempo continuato a raccogliere dati su casi di malattia tra i reduci delle missioni di pace in Kosovo e Bosnia.
È  una storia di polveri e inquinamento da guerra.
Mentre ancora si discute sulle cause dei tumori che colpiscono i reduci la lista dei malati si allunga, ma non fa più notizia.
Paolini per Report racconta la storia di un ragazzo che voleva fare il soldato e ha lavorato nella polvere dei siti bombardati nei Balcani e per questo oggi combatte per sopravvivere.
L'U 238 continua a colpire in ogni nuovo scenario di guerra, invisibile anche se ormai ben conosciuto.

Note d'autore

Abbiamo incontrato Luca, la sua ragazza, suo fratello e sua madre in una piccola stazione termale a mezza strada tra Napoli e Caserta, nell'estate del 2003. Luca era già senza fegato, sieropositivo per via delle trasfusioni, e sull'orlo di un'altra chemio. Ma ironico e vitale come soltanto i napoletani sanno esserlo, anche di fronte al peggiore degli specchi in cui ti può capitare di guardarti. Quello della morte.
Abbiamo incontrato Luca perché ci servivano le sue parole, le sue risate, la sua serena indignazione per dare faccia, anima e corpo alla storia di questo micidiale sommergibile chiamato U-238, che dalla prima guerra del Golfo naviga nel sangue di tanti militari e civili mietendo vittime. E non importa sotto quale bandiera.
Un anno dopo, abbiamo saputo dall'Osservatorio sulla salute dei militari che in Italia la contabilità è arrivata a 267 malati e 26 decessi. E in Francia a 340 malati e 33 decessi, ma con un procedimento penale in corso.
Dopo la messa in onda, ci hanno inviato molte precisazioni. Per dire che la Commissione Mandelli ha rispettato il mandato e, onestamente, non ha provato una relazione "tra una supposta esposizione dei nostri militari e le patologie"; non ha verificato alcuna epidemia di linfoma di Hodgkin tra le popolazioni dei Balcani; che non c'è stato alcun balletto di cifre tra la Difesa e la Commissione e la quota dei militari impegnati per periodi inferiori al mese era del 3,9 per cento del totale. Ci hanno scritto anche per contestare che la Sindrome del Golfo e dei Balcani siano davvero da attribuire all'Uranio Improverito, piuttosto che ad altri agenti patogeni presenti nel teatro di guerra. O che il sommergibile dovrebbe essere ribattezzato U-235, come il veleno radioattivo che sta nel cuore delle atomiche. E, onestamente, ne prendiamo atto.
Luca è morto il 13 luglio 2004, dopo un'agonia consumata tra nuove chemio, speranze di autotrapianto di midollo o di cellule staminali. E' morto combattendo fino in fondo la sua battaglia, tosto, sorridente, positivo, convinto che qualcuno prima o poi gli avrebbe dovuto spiegare perché.
Ecco, proprio a questa domanda noi avevamo provato a rispondere. Talvolta imprecisi, altre volte grossolani, comunque senza la pretesa di voler fare la lezioncina a nessuno. Onestamente, nemmeno a chi per anni – tra la Difesa e il Governo – ha fatto finta di non sentire la voce di Luca e di tutti gli altri ragazzi nelle sue stesse condizioni. Perché?

Andrea Purgatori

Frammenti di testo


È una storia di polvere questa. Luca è un ragazzo del '77. Ha 26 anni, Luca. E a 13 ha deciso che voleva fare il soldato. Ma non per soldi. E' nato a Napoli, Luca. Per tanti ragazzi del Sud, l'esercito è un mestiere, un'alternativa alla disoccupazione. Ma a Luca piace: "Mi piace ‘a bandiera e ‘a divisa…".
A 20 anni ha mantenuto la promessa: è andato militare, ha fatto il corso di specializzazione a Verona. Poi a Roma, alla Cecchignola. Poi a Milano. Si è specializzato in trasmissioni, comunicazioni. E con il suo contingente è andato in Kosovo. A far che? A ripristinare le linee di comunicazione distrutte dai bombardamenti. Accecare le difese del nemico e bloccare le comunicazioni è un obiettivo strategico della guerra moderna. E così Luca è andato lì, nei siti bombardati, con le antenne, a rimettere le cose a posto.
E come lavoravate Luca? "Eh, a mani nude lavoravamo, come a casa. Cioè, voglio dì: c'avevamo la mimetica, ma a che ti serve la mimetica? ‘Na tuta da lavoro ti serve.… Laggiù, ‘na polvere c'era….

Poi, ad un certo punto, siamo riusciti a riattacà le trasmissioni. Perché mica solo quelle loro attaccavamo, pure quelle con casa. Allora ho chiamato...
- Uhè mammà!
- Luca statt'accuorto, statt'attento alla polvere.
- Mammà, qui polvere ce n'è dappertutto!
- No, statt'attento, che dentro c'è l'uranio!
Mamma m'ha spiegato che dentro ai giornali, in quel periodo, si parlava dell'uranio, uranio impoverito.

L'Uranio è un metallo radioattivo. Simbolo: U. Numero atomico: 92.
Lo scopre Martin Heinrich Klaproth nel 1789, l'anno della rivoluzione francese. Klaproth è tedesco, fa il farmacista e – siccome le storie personali s'intrecciano sempre col futuro del mondo – insegna pure chimica alla Scuola d'Artiglieria di Berlino. A Parigi sono i giorni della rivolta del Terzo Stato e della presa della Bastiglia. In America, quelli del primo congresso federale che elegge George Washington alla presidenza. Ma evidentemente Klaproth sta più con la testa fra le nuvole che coi piedi per terra. Invece di battezzare il nuovo metallo Robespierre o magari New York, gli dà il nome del pianeta Urano anche quello appena scoperto.


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