di Corrado Venti
Un lungo applauso saluta l’uscita di scena di Marco Paolini, protagonista di “Antenati- the grave party” in scena al Vascello, alla conclusione di un lungo monologo, come nel suo stile.
Fin dall’inizio Paolini, con la sua capacità oratoria, risucchia lo spettatore all’interno di una sacca temporale, una bolla, dove coesistono le 4000 generazioni che ci hanno preceduto durante i 200.000 anni di storia, di evoluzione umana. Una storia di migrazioni che partendo dall’Africa ha popolato il mondo e durante la quale ci siamo trasformati da prede in predatori globali, che non risparmiano neanche il pianeta. I nostri antenati, in gran parte neri, hanno conquistato la posizione eretta, la capacità di definire, ma anche di costruire, strumenti e cose che stanno mettendo a rischio il pianeta, l’elemento essenziale.
Una bolla che può collocarsi fuori dal sistema spazio-temporale e consentire una visione dall’esterno del sistema-pianeta, più obiettiva.
Il protagonista, l’ultima generazione, colui che ha riunito i presenti, con la sua narrazione prende per mano e guida, con la sua caratteristica ironia, dentro quella folla variopinta, alla scoperta del fatto che ognuno di noi ha tra i suoi antenati le più svariate tipologie umane, anche quelle meno gradite: ladri, prostitute, intellettuali, brutti ceffi, nobili e cafuni, gli ultimi nella scala sociale, rozzi contadini, così chiamati perché si recavano in città legati tra loro con una fune per non perdersi tra la folla.
I temi toccati sono diversi.
La capacità del sistema di avere informazioni personali dettagliate che consentono di raggiungere tutti e l’ausilio di una scienza che riesce a ricostruire il percorso evolutivo della singolare razza umana
L’ecologia, evidenziando l’impatto che hanno sul pianeta mutamenti di origine antropica, tanto invasivi da indurre gli scienziati ad introdurre una nuova era: l’Antropocene
Le migrazioni che da sempre caratterizzano lo sviluppo dell’uomo, e ne sono elemento costitutivo, fin da quando il primo gruppo umano, nero di pelle, partì dalla Rift Valley popolando il mondo
L’evoluzione, non soltanto come storia di quello che è avvenuto, ma anche in prospettiva futura: per sopravvivere abbiamo sempre più necessità di continuare ad essere/diventare una specie di funamboli, estremamente eclettici, per poter continuare ad esistere su questo squilibrato pianeta.
Il tutto presentato con sullo sfondo, un continuo invito alla riflessione, all’approfondimento, ad andare oltre
Uno spettacolo che merita di essere ascoltato parola per parola e che si conclude con un giusto, meritato, tributo di applausi, da parte di una sala gremita, per una interpretazione magistrale.
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