II suo primo documentario, presentato dieci anni fa al festival di Torino, era dedicato al rapporto tra il"cinema e la città di Padova. Dieci anni dopo, a trentacinque anni, Marco Segato di questo rapporto è diventato uno dei protagonisti: lavora, per la parte cinematografica, con Marco Paloini, è stato aiuto regista di Carlo Mazzacurati, è autore di documentari come «Ci resta il nome», trasmesso da La7, e stasera alle 21 presenterà all'Astra, in via Tiziano Aspetti, proprio con Marco Paolini, che ne è il produttore con la Jolefilm, il suo nuovo documentario dedicato a Via Anelli e allo sgombero delle palazzine. «All'inizio - racconta Segato - volevo fare un documentario molto oggettivo sen¬za interviste, che mostrasse semplicemente quello che accadeva durante lo sgombero. Poi mi sono accorto che la storia di Via Anelli era troppo complicata per usare solo le immagini ed ho allora introdotto dei personaggi che raccontano». Nell'arco di due anni Segato ha girato 70 ore di materiale, per trarne alla fine un film di 68 minuti. «Montare il film è stato più difficile di quel che pensavo. Del resto era un documentario non scritto, senza una sceneggiatura di base, per cui la narrazione andava costruita alla fine, appunto col montaggio».
E la storia che Segato ha voluto raccontare è quella di uno scontrò che è anche un incontro. «In ogni storia - continua- è necessario il conflitto e qui è quello tra gli abitanti delle palazzine e i funzionari del Comune, i volontari, gli operatori. Quello che ho voluto mostrare è come l'integrazio¬ne ad un certo punto passi attraverso l'incontro personale». In qualche modo è come se Segato raccontasse una via Anelli più privata di quella pubblica che è stata sbandierata in questi anni. «E' un racconto corale -dice che vuole uscire dallo stereotipo di Via Anelli: gli spacciatori, gli scontri, le incursioni della polizia. Ci sono queste cose come sottofondo, ma ho voluto dare spazio alle testimonianze della quotidianità: gli immigrati che lavorano in fabbrica, le famiglie che mandano i figli a scuola, la vita normale insomma. Credo che i padovani rimarranno in qualche modo sorpresi da questa realtà che forse non conoscono.
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