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TeatroeCritica – ITIS Galileo: Marco Paolini e le vite degli uomini illustri

De viris illustribus. Le vite degli uomini illustri. Da Cornelio Nepote ad Achille Campanile, passando per l’incompiuto di Francesco Petrarca, da sempre l’esemplarità delle esperienze ha aperto varchi alla comprensione degli accadimenti che sconvolgesse le epoche e le rivolgesse a migliorie del futuro. Tutto questo perché nelle biografie c’è lo straordinario peso delle vite vissute, scontate, a volte tradite e riacquistate, c’è la vita nelle vite altrui: passa per altri gesti, quel gesto nostro di uguale e sintomatico peso nella storia. Questo obiettivo sottende al progetto che ha portato Marco Paolini alla composizione e dunque alla resa scenica di ITIS Galileo, spettacolo scritto con Francesco Niccolini sulla figura del grande scienziato, filosofo, ma prima di tutto grande tecnico di sorprendente intuito che fu Galileo Galilei.

Questa presentazione è piuttosto congrua per un motivo semplicissimo: Paolini inizia raccontando (dopo aver coinvolto qualcuno del pubblico in una lettura del libro che – lui dice – è alla base della sua ricerca: il Dialogo sui massimi sistemi del maestro pisano), la struttura si regge interamente sulle vicende biografiche di Galileo. Ma quale migliore opportunità della vita di un uomo per illustrare i suoi gesti, le sue scoperte, le sue rinunce? Tanti, non sarebbero d’accordo, va per la maggiore l’idea che l’arte (tale è la scienza creativa di Galileo) prescinda dalla biografia, invece forse è in quel continuo rincorrersi dell’essere e dell’agire che si ha il computo conclusivo di quanto un uomo ha saputo interagire con la sua umanità, quanti sbagli, quante apparizioni, quante conquiste: che bello allora che l’intera raccolta delle poesie di Ungaretti si chiami Vita di un uomo! Poesia e biografia che si intersecano fino a non distinguere più, non dover preferire né l’una né l’altra. Ma anche questo discorso sarebbe vuoto se Paolini in scena non intervenisse sul racconto con la propria capacità di attrazione, incanto, affabulazione: ecco che allora gli eventi diventano motivi per semplicemente comporre un discorso che metta in relazione quell’uomo con tutto ciò ch’è stato sempre di là dal suo cannocchiale, il grande e il piccolo delle cose umane, le cattedre d’insegnamento e le volte celesti, le accuse del Sant’Uffizio contro la rivoluzione copernicana.

La cosa più bella, dunque, è che alla fine di 130 minuti di spettacolo il pubblico esca edotto, cosciente di una materia espressa e carpita. Torna così, anche qui, il discorso in questi tempi determinante sulla necessità di nuova educazione: in questo proprio il teatro deve avere grande rilievo, la lezione che fu di Brecht – e che in tanti sta trovando una sponda contemporanea – risorge per l’esigenza che si pensi la creazione in una forma capace di insediare la materia in chi l’ascolta. Non è facile, però. Molto spesso è più facile fare il proprio discorso a sé stesso, lo facciamo anche noi scrivendone. Paolini invece è bravissimo proprio a far questo: ’sentire’ il pubblico, farlo saltare quando necessario, colpirlo e farlo divertire. Ogni reazione lui la conosce da prima, non sbaglia un colpo nella sua strategia d’ingaggio. Forse eccede nella pomposità di certi affondi ma fanno ben parte del Paolini mattatore, così come una caduta di ritmo ai trequarti spettacolo è un calo del tutto naturale, fisico, ma lo spettacolo volge in segno positivo con una forza trascinante, il cui punto più alto è un omaggio al teatro della Commedia dell’Arte che riscopre Paolini in una veste inusuale per i suoi trascorsi più recenti.

In ultimo una considerazione a margine, ma determinante: inizia lo spettacolo Paolini con “un minuto di rivoluzione”, intendendo quei 1800 chilometri del giro attorno al Sole, ma da esso parte per dire in un intero spettacolo ogni cosa cui è contro: dalla dottrina imposta alla perdita di senso critico e storico, dal sopore delle coscienze al mancato uso delle qualità inventive, dal primato della religione accecata alla necessità di una ricerca libera e potente. Testimonia così Paolini quanto sia necessario il teatro, quanta la sua rilevanza nel conto delle pratiche intellettuali, in un’epoca di resistenza e di grande difficoltà civile; e lo fa con Galileo che ha varcato le Colonne del pensiero, le ha rivoltate al suo sguardo, Galileo munito di fascino e congegni mette insieme studi tecnici e umanistici, meccanica e poesia: solo questa unione di passione e ingegno indaga il cielo, per trovarci un uomo. Illustre, come tutti.

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