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Tusciamedia.com – Lo Storchi, al meì teater dal mond, s’al mond l’è Modna, con il Verdi di Marco Paolini

"Il Teatro Storchi di Modena è il miglior teatro al mondo (traduzione del titolo dal modenese)... se il mondo è Modena, lo Storchi è il miglior teatro del mondo": questo è l'adattamento e la sintesi di una delle battute di "Verdi, narrar cantando", di Marco Paolini, lo spettacolo andato in scena dal 28 novembre al 1 dicembre al Teatro Storchi di Modena, con un finale da sold out. 920 posti tutti esauriti ed una visione del teatro pieno che riempie il cuore, tutti ad ascoltare Paolini, il cantastorie per eccellenza che, per una volta, è un "narratore di arie", sostenuto ed aiutato dal violoncello di Mario Brunello, dall'armonium di Stefano Nanni e dalla voce di Francesca Breschi.

In effetti, al sottotitolo "narrar cantando" si dovrebbe aggiungere anche la frase "e cantar narrando", per spiegare appieno quanto accade in più di due ore sul palcoscenico.

Il protagonista dello spettacolo è Marco Paolini, no, forse Mario Brunello.. no!, forse Stefano Nanni.. o forse ancora no!, Francesca Breschi oppure ancora meglio Verdi, vera rockstar della situazione anzi, no! Forse, aspettando l'evoluzione dell'opera (e mai, come in questo caso, il termine è così corretto) ed il suo naturale compimento, non si scopre che, magari, il vero protagonista è il pubblico?

In effetti, già mentre si prende posto davanti al palcoscenico, a sipario aperto, si ha la sensazione di essere in ritardo, perché sul palco Paolini, Mario Brunello e Stefano Nanni si stanno muovendo, come se stessero "mettendo a punto gli ultimi dettagli" e, dabbasso, in platea, una donna con indosso un camice da lavoro, quasi una donna delle pulizie, gorgheggia, istruendo il pubblico già seduto, sulla tonalità migliore da tenere nel "Va' pensiero". La "donna delle pulizie" in questione è la "cantante libera, entusiasta del pensiero" (neanche a farlo apposta!) Francesca Breschi, come descritto dalla poesia di Alda Merini sul suo sito ufficiale: e l'arrivo del pubblico è essenziale perché senza di esso lo spettacolo, anzi la "vita" di Verdi, non potrebbe iniziare. Non è poi questo, in fondo, il nucleo e soggetto principe del teatro, sia esso di prosa o di lirica? Il pubblico che "assiste".

Verdi, affrontato nel suo essere uomo, di carattere forte, tanto da affrontare e superare la morte della moglie e delle figlie - magistralmente ed emozionalmente realizzata attraverso il disperdersi della sabbia su un telo, sulla cui superficie vi erano state disegnate le sagome - e tanto dal piegare al suo volere i librettisti, perché lo spettacolo non doveva essere solo di "coro qui, duetto dopo... aria da solista alla fine", ma un continuum tra scene, parole, musica e trama - viene descritto attraverso il suo essere parte integrante del contesto storico, della società, del suo essere ideatore ed origine del teatro lirico italiano a cui ormai siamo abituati. La vita è comunque inframezzata dal racconto, dalla narrazione - in cui Paolini è Maestro, al pari di quanto lo era Verdi nel comporre - dell'Otello, che arriva ad essere rappresentato perfino nell'arte antica e stupenda del burattino.

L'uomo concreto Verdi si inserisce nel contesto culturale - con divagazioni non così estranee alla storia correlata al compositore quali la descrizione dell'attore Salvini e della sua "tournèe" con Otello nell'America del Sud - e come realizzatore mira ad ottenere esattamente l'opera che ha concepito e immaginato. Un uomo rappresentato attraverso le sue musiche, eseguite con bravura e trasporto da Brunello e Nanni, cantate con altrettanta bravura dalla Breschi e dalle trame delle sue opere, per enfatizzare lo stretto rapporto, sia tra melodia e sentimenti dei personaggi (base del melodramma), sia tra musica e sentimento del compositore il quale, umilmente, va anche a sentire Wagner e la sua completa integrazione delle arti (spesso Wagner era anche librettista).

Un compositore "pop", nell'accezione di popolare, perché schietto e facilmente comprensibile proprio dal popolo che "canticchia" le sue arie, da Violetta, al Trovatore, al Rigoletto... che la Breschi in camice da donna delle pulizie non sia un simbolo di questo popolo che adorava tanto il compositore da riempire le strade di Milano per il suo funerale, descritto da Tommaso Marinetti e messo a corollario dell'opera dallo stesso Paolini?

Paolini che anche questa volta non delude e che si consiglia di rivedere, in questa versione duetto con Brunello (forma che, paradossalmente e ironicamente, poco piaceva a Verdi)  e che chiede al pubblico, dopo cinque minuti di applausi, alcuni dei quali in piedi, il bis. Ed il pubblico si lancia nuovamente, dopo "Libiam", "Di quella pira", "Amami Alfredo" nel cantare di nuovo, continuando anche dopo, a spettacolo terminato, perchè sente, come citato da Paolini, il "battito verdiaco".

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